Poscia che fummo al quarto dì venuti,
Gaddo mi si gittò disteso a' piedi,
dicendo: "Padre mio, ché non m'aiuti?".
Quivi morì; e come tu mi vedi,
vid'io cascar li tre ad uno ad uno
tra 'l quinto dì e 'l sesto; ond'io mi diedi,
già cieco, a brancolar sovra ciascuno,
e due dì li chiamai, poi che fur morti.
Poscia, più che 'l dolor, poté 'l digiuno.
(Dante, Inferno XXXIII, vv. 67-75)
Ahò... mo te metti pure a fa' le citazzioni der sor Dante... C'hai er blogghe de cucina, mica de letteratura!
E' vero, lettore che romp commenti sempre dal fondo: questo è un blog di cucina e non di letteratura.
Però stamattina mi sono imbattuta in questi versi che mi hanno colpito perché a un certo punto Dante usa una parola brutta, ma brutta brutta...
Ammazza ahò... e che parola è, dimme 'n po'?
Ora te lo dico, caro lettore scass puntiglioso.
E' una parola brutta.
Terribile.
Tremenda.
Digiuno!
Digiuno!
Ih che parola brutta! Ma come j'è venuto, ar sor Dante, de parla' der diggiuno?
Vedi, lettore, a questo punto della Commedia Dante è arrivato nell'ultimo cerchio dell'Inferno e qui incontra il conte Ugolino, che i Pisani hanno rinchiuso e condannato a morire di fame insieme ai suoi tre figli. E quell'ultima frase Poscia, più che 'l dolor, poté 'l digiuno, anche se Dante non lo dice esplicitamente, ci schiude davanti una terribile prospettiva: quella di Ugolino che, per non morire di fame, divora i corpi dei suoi stessi figli.
Ammazza ahò! A me, più che 'na Commedia, me pare 'na traggedia! Ma come t'è venuto, pure a te, de mette er diggiuno dentro a 'n blogghe de cucina!
Perché stamattina la newsletter di Una parola al giorno parlava appunto del dig...
Ma bbasta co' 'sto diggiuno! Io vojo magna'! Famme magna' quarcosa!
E va bene, lettore, ti accontento! Però dopo aver mangiato te ne torni a commentare sottovoce nel fondo della sala mentre io racconto ai mieiventicinque non-so-più-quanti-sono lettori quello che ho letto stamattina sulla parola digiuno. E vedi di non sbriciolare!
Vedi, lettore, a questo punto della Commedia Dante è arrivato nell'ultimo cerchio dell'Inferno e qui incontra il conte Ugolino, che i Pisani hanno rinchiuso e condannato a morire di fame insieme ai suoi tre figli. E quell'ultima frase Poscia, più che 'l dolor, poté 'l digiuno, anche se Dante non lo dice esplicitamente, ci schiude davanti una terribile prospettiva: quella di Ugolino che, per non morire di fame, divora i corpi dei suoi stessi figli.
Ammazza ahò! A me, più che 'na Commedia, me pare 'na traggedia! Ma come t'è venuto, pure a te, de mette er diggiuno dentro a 'n blogghe de cucina!
Perché stamattina la newsletter di Una parola al giorno parlava appunto del dig...
Ma bbasta co' 'sto diggiuno! Io vojo magna'! Famme magna' quarcosa!
E va bene, lettore, ti accontento! Però dopo aver mangiato te ne torni a commentare sottovoce nel fondo della sala mentre io racconto ai miei
Crostatine sbricioline ai mirtilli rossi
Ingredienti per 16 crostatine:
250 g di farina 00
25 g di fecola di patate
3 g di lievito istantaneo
75 g di zucchero
la scorza grattugiata di 1 limone
125 g di burro tedesco, freddo di frigo e tagliato a dadini
1 uovo
1,5 g di sale fino
1 cucchiaino di vaniglia liquida
confettura di mirtilli rossi (o altra confettura acidula)
zucchero a velo
Preparazione:
Mescolate la farina, la fecola, il lievito setacciato, lo zucchero e la scorza del limone. Versate tutto nel boccale del mixer con le lame, unite il burro e frullate a scatti fino a ridurre il burro in briciole.
Trasferite il composto in una ciotola ampia e unite l'uovo sbattuto con il sale e la vaniglia. Mescolate con una forchetta e poi amalgamate delicatamente con i polpastrelli, senza impastare: dovete ottenere un composto di briciole non troppo grandi.
Rivestite con le briciole i vani di una teglia per muffin (o i pirottini di alluminio) ricoprendo il fondo di ognuno, compattate leggermente senza schiacciare troppo e distribuite la marmellata lasciando scoperto qualche millimetro lungo il bordo della base.
Ricoprite con altre briciole e infornate in forno statico preriscaldato a 170° per 30-40 minuti o finché la superficie non avrà preso un bel colore leggermente dorato. Sfornate e fate raffreddare completamente le crostatine prima di sformarle.
Servite le crostatine con una leggera spolverata di zucchero a velo.
Digiuno
Significato: Come aggettivo, che non ha mangiato da un certo tempo, privo, sprovvisto; come sostantivo, astensione dal cibo.
Etimologia: l'aggettivo è dal latino [ieiunus] 'digiuno', ma anche 'sterile, arido'; il sostantivo deriva da 'digiunare', che è dal latino [ieiunare].
Curiosità etimologica: stiamo parlando di due parole, un aggettivo (per l'esame del sangue, presentarsi digiuni) e un sostantivo (osservo il digiuno un giorno a settimana); ma mentre l'aggettivo deriva direttamente dall'omologo latino ieiunus, il sostantivo rinasce per derivazione dal verbo 'digiunare', in maniera indipendente rispetto all'omologo sostantivo latino ieiunium.
Il concetto di digiuno è basilare: come sostantivo descrive l'astensione dal cibo, come aggettivo denota chi non ha mangiato per un certo tempo, più o meno lungo. Ha implicazioni vastissime, attagliandosi a pratiche religiose e mediche, alla condotta quotidiana e straordinaria, a situazioni volute e no, e suggerisce usi figurati versatili e incisivi. Infatti il digiuno diventa, come aggettivo, anche il privo, lo sprovvisto - specie da un punto di vista intellettuale: sono digiuno di storia asiatica, sono digiuno delle ultime novità cinematografiche. Come sostantivo, sconfina nel desiderio: dopo il lungo digiuno posso finalmente concedermi di giocare al mio amato videogioco, e dopo l'interminabile trasferta a digiuno si ritrova l'amato.
La quotidianità di questa risorsa non deve impantanarne il proteiforme valore.Grazie, come sempre, a Una parola al giorno.it.