giovedì 24 aprile 2014

La vera storia dell'insalata di orzo e funghi secondo Martha Stewart

... E Martha disse: "Vi siano le torte col burro!"
E le torte col burro furono.
E Martha guardò e vide che erano cose buone. Anzi, proprio bòne.
Pure troppo.
E Martha vide che la gente mangiava solo torte col burro e ingrassava e diventava obesa e si alzavano i livelli di colesterolo nel sangue della gente.
E Martha guardò meglio e vide che il burro nei supermercati era finito perché la gente comprava tonnellate di burro per fare le torte col burro.
E Martha disse: "Non è bene che la gente mangi solo torte col burro. Il burro è finito e io non so con cosa provare le nuove ricette per scrivere il seguito di Cakes."
E Martha disse: "Vi siano riviste per educare la gente a mangiare più sano!"
E Living e Everyday Food furono.
E Martha apparve in sogno a Gaudio e disse: "Va' e diffondi ovunque il mio verbo!"
E Gaudio andò e si iscrisse alla newsletter di Everyday Food e ogni giorno riceveva per e-mail il verbo di Martha e Martha era presso di lei e Martha parlava con lei.
E l'insalata di orzo e funghi fu!

Insalata di orzo e funghi con nocciole tostate e salsa di yogurt

liberamente ispirata a una ricetta vera di Martha Stewart


Ingredienti per due persone
Per l'insalata
100 g di orzo perlato
200 g di funghi cotti (ho usato i pleurotus, puliti, tagliati a pezzi e cotti in padella senza condimenti per eliminare l'acqua di vegetazione)
uno scalogno
un cucchiaio di olio extravergine d'oliva
40 g di nocciole tostate e tritate grossolanamente al coltello
60 g di insalatina da taglio lavata e asciugata
un cucchiaio di prezzemolo fresco tritato al coltello
4 cucchiaini di aceto bianco
paprika piccante (facoltativa)
Per la salsa
250 g di yogurt bianco intero naturale
2 cucchiaini di foglioline fresche di timo
2 cucchiaini di erba cipollina fresca tagliata sottilmente a rondelle
un pizzico di sale
4 cucchiaini di aceto bianco

Preparazione
Preparate la salsa mescolando tutti gli ingredienti e mettete da parte a insaporire.
Affettate sottilmente lo scalogno e fatelo appassire in padella con l'olio.
Unite i funghi e cuocete per circa dieci minuti. Regolate di sale.
Nel frattempo lessate l'orzo in acqua leggermente salata. Scolatelo, sciacquatelo in acqua fredda e mescolatelo con i funghi.
Unite anche il prezzemolo tritato e mescolate bene.
(Ho fatto tutte queste operazioni la sera prima di servire l'insalata per pranzo).
Versate le nocciole e la salsa di yogurt (tenetene da parte un po' per un'aggiunta eventuale) nella padella con i funghi, mescolate, versate l'insalatina in una ciotola ampia e unite il misto di orzo e funghi.
Aggiungete ancora un po' di sale e l'aceto bianco e mescolate bene.
Servite nei piatti individuali con il resto della salsa in una ciotolina, cospargendo ogni piatto con le nocciole tritate tenute da parte.


Se non avete particolari esigenze di dieta aggiungete un po' d'olio anche alla salsa di yogurt, e se vi piace una nota piccante spolverizzate il piatto finito con paprika piccante.
E vedrete che è cosa bòna!

sabato 19 aprile 2014

Il macellaio innamorato, ovvero Le girandole di pollo con mele e mandorle



Per la buona riuscita di questa ricetta è necessario che vi procuriate un macellaio innamorato.
Uno che vi accolga, quando al mattino vi presentate al suo banco presso il locale mercato ortofrutticolo, con un largo sorriso e un cordiale "Buongiorno, bella signora! Cosa posso fare per lei?"
Uno che, sentendosi richiedere proprio l'unica cosa che manca sul suo bancone ottimamente fornito di preparazioni varie di eccellente qualità, vi dica che "La salsiccia di pollo stamattina non l'ho ancora preparata perché sono innamorato e distratto, ma se ripassa più tardi la preparo apposta per lei e gliela faccio trovare."
Uno che, alla vostra domanda "Tra quanto posso passare a prenderla?", vi risponda "Un'oretta, a voler essere proprio veloci tre quarti d'ora, ma non meno di questo perché gli ingredienti si devono conoscere!"
Uno che, sentendosi dire "Allora, visto che la fa per me, ne vorrei quattrocento grammi in un solo pezzo lungo, oppure in due pezzi da duecento grammi, della stessa lunghezza o al massimo uno leggermente più lungo dell'altro, e senza strozzature in mezzo perché poi verranno arrotolate strettamente a forma di girandola e infilzate con uno spiedino di legno prima di essere cotte in forno dentro una teglia" (e tacete sul fatto che le sue salsicce verranno cucinate con le mele, cosparse di mandorle, fotografate e mandate a un contest per foodblogger), sentendosi dire tutto questo, non solo non vi mandi a quel paese direttamente e senza passare dal via, ma vi guardi dritto negli occhi e, appuntandosi la mano larga contro il petto, vi risponda con voce ferma e sguardo sicuro: "Stia tranquilla, bella signora, ci penso io!"
Uno che, consegnandovi dopo un'ora il prezioso pacchetto, vi trattenga ancora un attimo per svolgerlo davanti ai vostri occhi e tirar fuori dall'incarto due meravigliose salsicce di pollo formate in due pezzi da duecento grammi, di cui una leggermente più lunga dell'altra, senza la più piccola strozzatura in mezzo perché sono destinate a essere arrotolate strettamente a forma di girandola e infilzate con uno spiedino di legno prima di essere cotte in forno dentro una teglia (nonché cucinate con le mele, cosparse di mandorle, fotografate e mandate a un contest per foodblogger...).
Uno che, infine, vedendovi in procinto di lasciare il mercato col vostro involto tra le mani, vi rivolga un ultimo, allegro e solare sguardo e vi saluti con un "Ciao, dolce!" che vi farà convincere che sì, macellai bravi ce ne sono parecchi in giro, ma le salsicce di pollo preparate da un macellaio innamorato devono essere davvero speciali, se tra i vari ingredienti a conoscersi ci ha messo anche l'amore! :o)

Girandole di pollo con mele e mandorle

da "Bene Insieme", con qualche modifica


Ingredienti per due persone
400 g di salsiccia di pollo (tipo luganiga, cioè stretta e lunga) in due pezzi uguali (o al massimo... :D )
3 mele golden mature
2 cucchiai di Marsala semisecco
6 foglie di salvia fresca più altre per la decorazione
50 g di mandorle pelate
senape per servire (opzionale)

Preparazione
Sbucciate le mele e tagliatele a spicchi sottili.
Unite la salvia spezzettata, spruzzate con il Marsala e tenete da parte.
Arrotolate strettamente ogni pezzo di salsiccia in forma di girandola e fermate ogni girandola con uno spiedino di legno.
Bucherellate la superficie di entrambi i lati con uno stuzzicadenti.
Versate le mele in una teglia da forno e cospargetele con le mandorle.
Adagiate le girandole sulle mele e ponetevi sopra due foglie di salvia e qualche mandorla.
Riscaldate il forno a 200° e infornate per 30 minuti.
Sfornate, fotografate e servite!


L'aggiunta della senape alle salsiccette le arricchirà di sapore, se vi piace la senape. Altrimenti, il piatto non perderà di gusto se la omettete. Ma assolutamente non omettete l'amore! ;o)

Ai nostri  venticinque lettori
BUONA PASQUA!

Con questa ricetta partecipo al contest Per un pugno di mandorle.


mercoledì 16 aprile 2014

Pizza di Pasqua al formaggio (per la macchina del pane)

Aprile di qualche anno fa.
Io e il marito decidiamo di mettere in pratica il vecchio detto Natale con i tuoi, Pasqua con chi vuoi e ci concediamo una fuitina di tre giorni in Umbria.
Due notti in B&B. Giornata di Pasqua a Perugia presso amici.
Partiamo in macchina di buon mattino.
La verde Umbria ci accoglie con una pioggia torrenziale e le temperature più basse degli ultimi vent'anni, per il periodo.
Noi, ovviamente, vestiti con abiti primaverili.
Lungo la strada per il B&B buchiamo una gomma, tanto per non farci mancare nulla.
Il marito monta la ruota di scorta e raggiungiamo il B&B.
Al termine di una strada ripida e sterrata, ci ritroviamo davanti a un casale in stile rustico, in un ampio piazzale in cima a una collina dalla quale si domina la valle.
Peccato che intorno a noi si vedano solo nuvole e pioggia.
Non un'anima in vista.
Mentre cominciamo a chiederci se per caso non siamo capitati nel posto sbagliato, dalla nebbia sbuca un giovanotto portando in spalla un mucchio di fascine.
E' il proprietario del B&B, che ci conferma che sì, siamo proprio arrivati a destinazione, e ci invita a entrare nella sala comune.
"Sto andando ad accendere il fuoco nel camino, così stiam meglio tutti, via!"
La sala comune è carina e accogliente. Un divano, comode poltrone, snack e bevande a disposizione degli ospiti.
E ben presto anche il fuoco che arde allegro nel camino.
Ci offre il caffè, prende nota dei nostri documenti, ci prenota un tavolo presso un agriturismo lì vicino per cena.
"Sono amici, la cucina è buona, così state meglio, via!"
Quella sera rientriamo tardi. Mentre ci dirigiamo verso la nostra stanza lo incontriamo nel piazzale e ci invita a trattenerci con lui e gli altri ospiti nella sala comune.
"Si beve qualcosa, si fan due chiacchiere, si sta insieme, via!"
Io sono infreddolita e ho voglia di qualcosa di caldo.
Chiedo una tisana... o un infuso ai frutti... o una camomilla...
Mi risponde con un'espressione desolata. Tra le varie bevande c'è solo tè.
E' troppo tardi per bere tè, e gli dico di non preoccuparsi.
Mi dice di aspettare un attimo, e scompare dietro la porta che conduce al suo appartamento.
Torna pochi minuti dopo con una tazza di camomilla fumante.
Resto di stucco, colpita da tanta gentilezza.
Lo ringrazio e mi siedo accanto al fuoco, con la mia tazza tra le mani.
La serata scorre tra chiacchiere, risate e liquori.
Ci racconta di aver appena aperto il B&B. Tre camere, tutte occupate per la Pasqua, e noi e gli altri presenti siamo i suoi primi ospiti.
Ci parla come a vecchi amici, non vorrebbe lasciarci andare a dormire.
La mattina dopo la sala comune è in festa.
Uova di Pasqua sui tavoli per gli ospiti che hanno bambini.
Torte, crostate, biscotti per la colazione.
Affettati vari e un misterioso panettone giallo.
Marco lo affetta e ci spiega che si tratta di una specialità umbra tipica della Pasqua, la pizza al formaggio, da mangiare con prosciutto, salame e quant'altro per la colazione del giorno di Pasqua.
La assaggiamo ed è deliziosa, morbida e soffice e dall'intenso aroma di formaggio.
Quasi a malincuore lasciamo il B&B per recarci dai nostri amici a Perugia, che ci aspettano per pranzo.
A casa loro troviamo una specialità umbra tipica della Pasqua: la pizza al formaggio!
Beh, che dire? Dovevamo pur  fare un confronto con quella assaggiata a colazione, no? ;o)
La seconda pizza di Pasqua al formaggio il confronto lo regge benissimo.
Così bene che mi viene voglia di rifarla a casa.
Magari con la macchina del pane. ;o)
Certo, servirebbe una ricetta...
Basta una brevissima ricerca su Internet.
Non solo trovo la ricetta della pizza di Pasqua al formaggio per la macchina del pane, ma addirittura con le dosi per il modello di macchina che ho io!
Se non è un segno questo...! ;o)


Rientriamo al B&B a tarda sera.
Nella sala comune il vino e le risate scorrono a fiumi accanto al camino acceso.
Ci fermiamo con Marco e gli altri ospiti, per fare due chiacchiere e stare insieme... via! ;o)
E pochi minuti dopo il nostro ingresso nella sala, arriva anche una bella tazza di camomilla fumante! :o)

La mattina dopo c'è aria di partenza.
Siamo tutti un po' mogi, restii a lasciare il B&B e i suoi gentili proprietari.
Marco è girato di spalle.
Si asciuga gli occhi.
Un B&B è fatto di arrivi e partenze.
Ma noi siamo i primi, i secondi e i terzi ospiti.
Con tutti ha condiviso chiacchiere, allegria, simpatia.
Con qualcuno, anche passeggiate alle sei del mattino.
Ci considera amici. Persone di famiglia.
Ci accompagna da un gommista e si assicura che sia in grado di riparare la nostra gomma bucata.
Aspetta con noi che il lavoro sia terminato e la riparazione pagata.
Così siamo stati insieme un altro po'.
Alla fine ci saluta e ci lascia.
Viaggiamo verso casa portandoci negli occhi, nella mente e nel cuore i posti che abbiamo visitato e le persone che abbiamo incontrato.
E una pizza di Pasqua al formaggio, insieme alla ricetta per la mia macchina del pane, che ogni volta che la faccio, anno dopo anno, mi riporta al B&B appollaiato sulla collina avvolta dalle nuvole, con Marco e sua moglie e la loro simpatia, e quella tazza di camomilla fumante che ogni sera trovava la sua strada fino a me.


Per il particolare... ehm... impatto emotivo di alcuni contenuti, relativamente alle dosi di certi ingredienti e alle immagini del prodotto finito, nonché ai tempi e alle modalità della sua realizzazione, la lettura del seguito di questo post è sconsigliata ai cultori della pasta madre, sia essa solida, liquida o gassosa.
Non rispondiamo di eventuali anomalie cardiache e repentini innalzamenti di pressione che potrebbero verificarsi nei soggetti particolarmente predisposti in seguito alla lettura di questa ricetta.
I puristi dei lievitati sono avvisati! :D

Pizza di Pasqua al formaggio (per MdP)

ricetta trovata su Pianeta Donna e modificata
fotografie e collage di Magno


Ingredienti
120 ml di acqua
100 ml di olio extravergine d'oliva
4 uova leggermente sbattute
un cucchiaino di zucchero
70 g di pecorino grattugiato
30 g di parmigiano grattugiato
250 g di farina 00
250 g di farina Manitoba
una bustina di lievito di birra disidratato
100 g di pecorino non troppo stagionato a dadini

Preparazione
Mescolate e setacciate le due farine in una ciotola.
Versate nel cestello della macchina (la mia è una Bifinett che impasta fino a 1250 g) tutti gli ingredienti nell'ordine indicato, a eccezione del pecorino a dadini.
Il lievito deve essere aggiunto alla fine e posto sopra il mix di farine, e non deve toccare il  formaggio altrimenti il sale in esso contenuto potrebbe ostacolare la lievitazione.
Selezionate il programma per pane normale (impasta e lievita un paio di volte e infine cuoce, durata 3:15 h), impostate il peso di 1250 g e il grado di doratura massimo e avviate la macchina.
Quando sentirete il segnale acustico per l'aggiunta degli ulteriori ingredienti, aprite il coperchio, versate nel cestello il formaggio a dadini e richiudete (senza fermare la macchina).
A cottura ultimata estraete il cestello e attendete dieci minuti (non di più) prima di sformare la pizza.
Tagliatela quando sarà fredda.


Non me ne vogliano i puristi dei lievitati, ma con un bauletto così vengono dei panini da urlo! :D
Che dite, posso fregiarmi anch'io dell'etichetta Lievitati? :D
Ma sì... VIA!!! ;o)

lunedì 14 aprile 2014

Famolo strano... fettuccine more in salsa di speck!!!!

Jessica: "'O famo strano?"
Ivano: "Famolo! ...E se vie' quarcuno?"
Jessica: "Mejo! Potrebbe esse pure mejo!"

Infatti questo è stato il primo piatto per il pranzo di compleanno della mamma.
Sì, va bene, lo vuoi "fa' strano", ma "facce capi' 'mpo' de più"!!!!!!

Calma, calma, ora vi racconto tutto!
La storia di questo piatto risale alla primavera del 2001. Mi trovavo a Vicenza per lavoro, proveniente dalle Paludi Pontine. Mi ritrovai, non in una selva oscura, ma a cenare in un ristorantino nei pressi della Basilica Palladiana (non è una chiesa, qualche dettaglio in più lo trovate qui) in pieno centro storico.

Sapete, vero, che mi piace mangiare (cum gaudio, direi!), e sono anche del parere che quando viaggi, paese che vai cibo che trovi, bisogna assaggiare il cibo locale. Ebbene, mi portano il menù... comincio a leggere, fin quando i miei occhi si soffermano su una voce: "bigoli mori in salsa di speck". I bigoli sono una pasta tradizionale diffusa in tutto il Veneto.

Quando torna l'oste per la comanda, ovviamente chiedo ulteriori dettagli su questo piatto (ma già il titolo mi aveva conquistato). Mi racconta che è una pasta fatta con acqua, farina e cacao in una salsa con speck. E tu che faresti? Non la prenderesti? Io sì! E senza riserva. Non ricordo il nome del ristorante, ma quella pasta era davvero eccezionale.

Una volta tornato a casa ho cercato subito di rifarla e devo dire con discreto successo. La mia versione è un tentativo di imitare la pasta che ho mangiato a Vicenza, e mi sono ben guardato dal chiederne la ricetta, certo del rifiuto da parte dello chef di divulgare i suoi segreti... Con molta probabilità mi sono solo avvicinato alla loro ricetta e chissà cosa avrò dimenticato o aggiunto. Ma vi assicuro che è molto buona, ed è stata sempre apprezzata da coloro ai quali l'ho proposta.

Loro, a Vicenza,  hanno fatto i bigoli mori... Io invece ho fatto...

Le fettuccine more in salsa di speck



Ingredienti per 4 persone
Per l'impasto
300 g di semola rimacinata di grano duro
20 g di cacao amaro in polvere
un uovo medio
acqua (quella che prende l'impasto... ora faccio rabbrividire Gaudio :D:D:D)
un pizzico di sale

Per il condimento
250 ml di panna liquida
70 g di speck a fette
olio extra vergine d'oliva
una cipolla rossa di tropea
parmigiano reggiano grattugiato
cacao amaro in polvere

Prepariamo le fettuccine
Disponete sulla spianatora la semola e unite il cacao amaro, mescolandoli in modo che il mix assuma una colorazione di cacao. Formate una fontana, rompetevi l'uovo (ha la funzione di legare l'impasto) e cominciate ad amalgamare uovo e farina. Quindi incorporate l'acqua, utilizzando dapprima una forchetta e successivamente proseguite con le mani, fino a formare un impasto sodo e compatto. Lasciate riposare l'impasto per almeno mezz'ora. Quindi stendete la sfoglia dello spessore che più vi piace e tagliate le fettuccine. Lasciatele riposare per almeno un'ora prima della cottura, non dimenticando di spolverarle con della semola, in modo da impedire che si attacchino.



Prepariamo il condimento.
Affettate la cipolla finemente e rosolatela a fiamma bassa e lentamente, in una padella ampia in cui saltare le fettuccine. Nel frattempo tagliate le fette di speck a striscioline  e aggiungetele alla cipolla. Mantenete la fiamma bassa e cuocete lo speck per pochi minuti in modo che non si secchi e non diventi croccante.



Completiamo l'opera
Cuocete, in abbondante acqua salata, le fettuccine. Nel frattempo riaccendete la fiamma sotto la padella e versatevi la panna. La fiamma deve essere sempre bassa così da evitare che la panna coaguli. Scolate al dente le fettuccine e saltatele per pochi istanti nella padella. Impiattate le fettuccine e spolverate il piatto con un velo di cacao amaro e di parmigiano grattugiato... E mangiate... cum gaudio, ovviamente!!!!


Con questo piatto abbiamo bevuto un Petit Manseng (IGT Lazio) 100% in purezza che presenta una buona miralità e sapidità, 13% in volume che si è ben accompagnato, ma è un parere personale, con il piatto che presenta grassezza (panna e speck e parmiggiano) e tendenza amarognola del cacao (però contrastato dal parmiggiano e dalla panna). 

Questo è un piatto che preparo da tantissimo tempo e ogni volta che l'ho proposto ha sempre avuto successo. Che dite, posso considerarlo il mio piatto forte? Beh, ne ha tutti i requisiti, quindi...
con questa ricetta partecipo al contest di Cucina Scacciapensieri Il mio piatto forte.




sabato 12 aprile 2014

George va in America. Storia vera di una ricetta di famiglia

Sabato Santo di trenta o quaranta anni fa.
Si parte. Si va al paese!
Si va a Vico dai nonni!

Cucina di una casa di paese.
Due paia di occhi osservano due mani rugose plasmare un impasto.
Il più semplice di tutti: farina, uova, zucchero, latte, olio, un po' di lievito.
La colazione della domenica di Pasqua dei bambini, al paese.
Dal gioco esperto delle due mani prendono forma un cavalluccio e una bambolina.
Occhi di chicchi di caffè.
Capelli  e vestiti di zuccherini colorati.
Un uovo appena rassodato sulla pancia, tenuto fermo da due cordoncini di impasto incrociati.
Via nel forno.
Ecco, si gonfia, si colora... tutta la cucina profuma!
La bimba corre a giocare con la sua bambola.
Il bambino ha un cavalluccio tutto per sé.
Come ogni anno, al paese.


4 gennaio 2013. Salotto di una casa di città.
Serata in famiglia, allegria, risate e tanta pizza.
Quella di Magno, ovviamente. ;o)
Spunta un computer portatile, e due mani digitano, quasi distrattamente, un nome in un motore di ricerca.
Come tante altre volte, in passato, invano.
Ma stavolta appare un risultato.
Un video pubblicato su Youtube qualche mese prima.
In memoria di quella persona che non c'è più.
Tante foto di famiglia.
Scattate lontano, in America.
Foto a colori ritraggono un uomo anziano, seduto in mezzo a figli e nipoti.
Foto in bianco e nero lo ritraggono giovane, con familiari, amici, colleghi.
Le foto si susseguono una dopo l'altra, finché, all'improvviso, un'esclamazione di sorpresa, quasi un grido trattenuto a stento.
"Quella foto ce l'abbiamo anche noi!"
Blocchiamo il video per osservare la foto.
E' stata scattata in America.
Un uomo anziano accanto alla moglie e ai figli.
Uno dei figli è l'uomo per il quale il video è stato creato e il cui nome è stato così spesso ricercato invano.
L'uomo anziano è zio Alessandro, il fratello di nonno Giovanni, bisnonno del marito, emigrato negli Stati Uniti forse nei primi anni del 1900.
Il marito ha cercato questa famiglia per anni.
E ora li ha trovati.

La sera stessa viene spedita un'email all'autrice del video.
"Siete voi??"
La risposta è immediata.
"Mio Dio, sì! Siamo noi!... E adesso??"
Adesso festa!
Nei mesi successivi si susseguono le videochiamate e gli scambi di email cariche di vecchie foto e lettere pazientemente scansionate.
Il marito traduce una quantità di lettere partite dal paese per raggiungere chi era emigrato tanto lontano, portando notizie delle mogli, dei figli, dei fratelli e delle sorelle rimasti a casa.
Tutte conservate affettuosamente da chi di quegli emigrati era diventato discendente.

Un giorno, dall'America, arriva una richiesta.
"Voi conoscete il pane dolce di Pasqua?"
"Lo conosciamo perché è un dolce della tradizione in tutta l'Italia, ma nonna Maria ne faceva uno diverso, senza lievito di birra. Recupereremo la ricetta e ve la manderemo."
"Occhei!!!"
La  ricetta la chiediamo a un'anziana zia che vive al paese.
"Quattro uova, un bicchiere d'olio, un bicchiere di latte, due bicchieri di zucchero, due bustine di lievito, un limone grattugiato e tutta la farina che si prende."
Espressioni come tutta la farina che si prende scatenano sempre in me irrefrenabili attacchi di risa e di panico.
"Ma che significa tutta la farina che si prende??... che si prende per fare cosa???"
La suocera spiega che significa tanta quanta ce ne vuole per ottenere un impasto da lavorare con le mani, né troppo duro né troppo morbido. Adesso sì che è chiaro! :D
"E come glielo spieghiamo, agli Americani, che devono usare tutta la farina che si prende per ottenere un impasto né troppo duro né troppo morbido?"
In realtà non c'è da ragionarci tanto.
La soluzione è una sola.
Faremo il dolce.
Ed elencheremo gli ingredienti con le dosi precise, usando, come misura, le famigerate cup americane!
E per essere ancora più chiari e precisi, fotograferemo l'intero procedimento e invieremo agli Americani una fotoricetta completa!


La suocera, che ha sempre visto nonna Maria fare il cavalluccio e la bambolina ma che mai li ha fatti in vita sua, viene ingaggiata con l'importantissimo compito di affondare il dito nell'impasto e valutare quando quest'ultimo avrà preso tutta la farina che si deve prendere... e a quel punto noi smetteremo di aggiungere cup, mezze cup e quarti di cup di farina!
A me il compito di preparare l'impasto, al marito quello di plasmare un pupazzone che chiameremo George in onore dei parenti americani e di san Giorgio martire, patrono del paese.
Lucido l'intero set di misurini americani, tiro fuori il mio ciotolone migliore, lavo il tappetino di silicone, olio lo sbattiuova elettrico e affilo la grattugia per il limone. Sono pronta!
Doso attentamente gli ingredienti convertendo da bicchieri italiani in cup americane, mentre il marito annota tutto su un foglio di carta e la suocera tiene in caldo il dito.
Verso, sbatto, aggiungo, mescolo e impasto.
Il marito fotografa, dall'alto, dal basso, da destra, da sinistra.
La suocera entra in azione col dito.
"E' pronto!"
La macchina fotografica passa nelle mie mani, mentre il marito dà forma a un magnifico pupazzo, giallo di uovo e profumato di limone.
La suocera lo rifinisce e tutti insieme lo decoriamo.
Il mio assortimento di zuccherini colorati farebbe invidia a un laboratorio di cake design.
Non abbiamo i chicchi di caffè, pazienza, li sostituiamo con l'uvetta per disegnare gli occhi e la bocca. Durante la cottura in forno i chicchi di uva passa si gonfiano e saltano via e George viene sfornato sdentato e mezzo guercio, ma che importa, in fondo ci stiamo divertendo e le ricette di famiglia vanno pur reinterpretate un pochino!


Con l'autoscatto ci fotografiamo tutti intorno a George.
Il giorno dopo il marito prepara il file con la fotoricetta e spedisce George a Detroit, Michigan, Stati Uniti d'America.
Dove viene prontamente replicato... e plasmato con la forma dello stato del Michigan! :D
Per essere rispedito in Italia via email, accompagnato da un file allegato contenente la versione americana della fotoricetta, il cui passo passo è stato seguito fedelmente perfino nell'uso dello spazzolino da denti per pulire la  grattugia del limone!!! :D :D :D
Poco tempo dopo arriva dall'America la ricetta del loro pane dolce di Pasqua con il lievito di birra, insieme a una foto che li raffigura tutti intorno a un largo tavolo con al centro ben dodici teglie di pane dolce!
Perché tutto è grande in America!!! :D

Voi che siete arrivati a leggere fin qui, mi capite, vero, se a questo punto la ricetta ve la do in cup americane? :D
Se non avete i famigerati misurini, potete sempre seguire le dosi dell'anziana zia che vive al paese! ;o)

Il cavalluccio e la bambolina di Pasqua


Ingredienti (metà della dose dell'anziana zia che vive al paese)
2 uova medie
1/2 cup di olio extravergine d'oliva (120 ml)
1/2 cup di latte (120 ml)
1 cup di zucchero (200 g)
4 tsp di lievito per dolci (vabbè, una bustina, dai! :D )
la buccia grattugiata di 3 limoni
4 + 1/4 cup di farina (circa 600-650 g)
Per decorare
2 uova piccole
chicchi di caffè
zuccherini colorati
latte per spennellare

Preparazione
Versate lo zucchero in un ciotolone e mescolatelo con la buccia grattugiata dei tre limoni, strofinando tutto con le dita finché lo zucchero sarà giallo e impregnato della buccia dei limoni.
Aggiungete le uova e mescolate con lo sbattiuova elettrico.
Unite l'olio e il latte e mescolate bene.
Incorporate metà della farina setacciata con il lievito, poi il resto della farina poca per volta, mescolando prima con lo sbattiuova, poi con una forchetta e infine a mano. Potrebbe servirvi più o meno farina rispetto alla dose indicata, a seconda della grandezza delle uova, dell'umidità della farina, della posizione del Sole e dei transiti stellari, quindi regolatevi voi.
Rovesciate l'impasto su un piano di lavoro cosparso con poca farina e lavoratelo fino a formare una palla liscia e omogenea. L'impasto dovrà risultare morbido ma non appiccicoso.
Nel frattempo lavate le uova e rassodatele leggermente facendole bollire per un paio di minuti.
Dividete l'impasto in due parti e plasmate il cavalluccio e la bambolina, tenendo da parte una piccola quantità di impasto col quale formerete due cordoncini sottili per ogni soggetto.
Collocate un uovo al centro di ogni figura, in corrispondenza della pancia, e fissatelo al corpo con una coppia di cordoncini incrociati.
Trasferite le figure su una teglia rivestita di carta da forno e spennellate la superficie con poco latte.
Fate gli occhi e la bocca con i chicchi di caffè e cospargete con gli zuccherini colorati per rappresentare i capelli e i vestiti.
Preriscaldate il forno a 170° (350° F) e cuocete per 30-40 minuti o finché le figure saranno dorate.
Lasciate raffreddare le figure prima di tagliarle.


George è un biscottone morbido e profumatissimo di limone. Inzuppato nel latte della colazione non ha eguali. Questo impasto viene spesso usato al paese come base per crostate e dolci di frolla... come le ciambelline dell'anziana zia!


Vico è Vico nel Lazio, in provincia di Frosinone, e questo post è dedicato a nonna Maria e alla nostra famiglia americana!!

Il cavalluccio di Magno e la bambolina di Gaudio galoppano a casa di Aria in Cucina per partecipare al contest Old Fashioned Sweetness!

venerdì 11 aprile 2014

Millefoglie di formaggi freschi con fragole e mirtilli

Gentile operatore di call center che mi sta telefonando sul cellulare da dieci giorni, compresi il sabato pomeriggio e l'ora di cena dei giorni feriali,
Vorrei invitarLa a riflettere sull'eventualità che, non avendo risposto alle Sue otto telefonate, forse io non desideri affatto farlo.
Forse non mi interessa essere informata sulle ultime offerte della rispettabile compagnia telefonica per la quale Lei lavora.
Forse non intendo cambiare gestore dell'energia elettrica.
Forse non ho voglia di rispondere a un sondaggio sulla qualità dell'acqua nel mio Comune.
Forse non ho intenzione di comprare un aspirapolvere, né di ospitare in casa mia una dimostrazione gratuita delle strabilianti prestazioni offerte dal medesimo.
E sicuramente non ho intenzione di fornirLe nomi e numeri di telefono dei miei amici in cerca di lavoro che potrebbero essere interessati a lavorare per la Sua rispettabile azienda.
Forse non voglio dirLe per chi ho votato alle ultime elezioni, né per chi voterò alle prossime.
Forse alle otto di sera ho altro da fare che parlare con Lei della qualità del servizio allo sportello offerto dalla mia banca.
Forse non ho mai autorizzato la Sua rispettabile azienda a usare il mio numero di cellulare per essere contattata da un gentile operatore di call center.
Forse, a dire il vero, non ho mai fornito il mio numero di cellulare a nessuna rispettabile azienda e dovrei essere io a chiedere a Lei come diavolo lo ha avuto.
Forse sarei nel pieno diritto di sentirmi molestata da tanta insistenza.
Forse dovrei sporgere denuncia nei confronti della Sua rispettabile azienda.
Forse dovrei dare ascolto al marito che mi suggerisce di installare quell'applicazione per smartphone che filtra i numeri chiamanti e blocca quelli inseriti in un'apposita lista nera.
Vorrei quindi chiedere a Lei, gentile operatore di call center che lavora per la Sua rispettabile azienda, di non chiamarmi da un interno telefonico diverso per trarmi in inganno.
Di far presente ai Suoi rispettabili superiori che la pazienza e la capacità di sopportazione di ogni essere umano nonché consumatore ha un limite, e che quel limite, nel mio caso, è pericolosamente vicino a essere oltrepassato.
Di astenersi, in conclusione, dall'effettuare altri tentativi di contattarmi telefonicamente.
Perché non mi piacerebbe sentirmi costretta a risponderLe "Non mi interessano offerte su tariffe telefoniche, mi sto trasferendo all'estero!"

Millefoglie di formaggi freschi con fragole e mirtilli

ricetta tratta dal "vomitatoio delle ricette", che è quel posto nel cassettone della cucina in cui accumulo alla rinfusa ricette ritagliate da confezioni di prodotti vari, stampate da Internet, strappate da riviste o scribacchiate alla svelta su fogli volanti, per la maggior parte dei quali, come nel caso di questa ricetta, ho annotato gli ingredienti ma non il procedimento e tanto meno la fonte. I casi quindi sono tre: o me la sono inventata di sana pianta, o l'ho vista in qualche programma televisivo, o ho trovato da qualche parte la ricetta della crema e mi è venuto in mente di metterla tra due dischi di pasta sfoglia. Al riguardo, la ricetta che scrissi sul foglio volante, svariati anni fa, riporta un'altra versione di questa crema deliziosa, con dosi di formaggio leggermente diverse e soprattutto con la buccia dell'arancia al posto di quella del limone e 25 g di cioccolato fondente a pezzettini + 50 g di frutta candita (arancia) al posto di fragole e mirtilli. In questa variante l'ho preparata almeno quattro volte, sempre con indici di gradimento molto elevati, considerando che tra coloro che l'hanno assaggiata e apprezzata c'erano almeno tre persone a cui non piace il formaggio. E così con un post solo vi ho regalato due ricette. Fortunati voi.


Ingredienti per una torta da 28 cm di diametro
2 basi di pasta sfoglia rotonde pronte da cuocere
400 g di ricotta di mucca
150 g di Philadelphia
200 g di robiola
la buccia grattugiata di un limone grande
un cucchiaino di estratto liquido di vaniglia (in mancanza, una bustina di vanillina)
4 cucchiai colmi di zucchero a velo setacciato, più altro per la decorazione finale
125 g di mirtilli
3 vaschette di fragole (ops, non le ho pesate... e non le ho nemmeno usate tutte... diciamo che ne avrò usate una metà per la torta e una metà per i vari... ehm... test di collaudo! :D )
foglie di menta fresca per la decorazione

Preparazione
Lavate e asciugate le fragole e i mirtilli.
Dividete le fragole in base alla grandezza, riservando le più piccole alla decorazione finale. O le più grandi, se vi piace così. Controllate accuratamente che le fragole rispondano agli standard di qualità richiesti per l'esecuzione di questa torta assaggiandone almeno una ogni quattro.
Srotolate la pasta sfoglia e rifilate ogni base in modo da ottenere due cerchi perfetti del diametro di 28 cm ognuno. Io faccio questo accoppando su ogni base uno stampo per crostata merlettato e tirando poi via la pasta sfoglia in eccesso (che puntualmente metto in frigo riservandola per altri usi futuri e puntualmente dimentico). In questo modo il bordo della torta viene tutto merlettato... e sarete già un passo avanti per la decorazione.
Bucherellate i due dischi di sfoglia e trasferiteli su due teglie con la carta da forno in dotazione.
Preriscaldate il forno a 200° e cuocete le basi in forno ventilato (se le cuocete contemporaneamente su due livelli) per 10 minuti. Se come me vi ostinate a cuocere tutte le basi in bianco senza coprirle di fagioli secchi per non farle gonfiare durante la cottura, sappiate che la pasta sfoglia, infida come poche, se ne starà lì, pallida e amorfa, finché voi la guarderete, per gonfiarsi alla velocità del lampo non appena distoglierete lo sguardo per un attimo, foss'anche soltanto per grattarvi la punta del naso. Perciò lasciate stare ogni altra attività e per quei dieci minuti non distogliete lo sguardo dai due dischi di sfoglia e non esitate ad aprire il forno e a bucherellarli senza pietà ad ogni tentativo di gonfiarsi. Tentativi che, sappiatelo, le basi ripeteranno almeno per i primi sette minuti di cottura. Quando le vedrete arrendersi e smettere di gonfiarsi potrete anche distogliere lo sguardo e lasciarle nel forno fino a doratura, dopodiché sfornatele, trasferitele su una gratella, eliminate la carta da forno e lasciatele, ormai innocue, a raffreddarsi.
Nel frattempo (cioè mentre le basi si raffreddano, non mentre cuociono!) preparate la crema di formaggi.
In una ciotola ampia setacciate la ricotta (io uso il passaverdure con i buchi piccoli) e montatela con lo sbattiuova elettrico. Deve diventare morbida e cremosa.
Aggiungete la robiola e sbattete.
Aggiungete il Philadelphia e sbattete.
Aggiungete la buccia del limone e la vaniglia e sbattete.
Aggiungete lo zucchero a velo e sbattete.
Assaggiate la crema col dito e se non vi sembra abbastanza dolce aggiungete altro zucchero a velo e sbattete.
Ripulite i bordi della ciotola con una spatola in silicone e amalgamate bene il tutto. Già che ci siete, sbattete un altro po'. Alla fine la crema sarà bella gonfia e morbida da farvi venire il desiderio di mangiarvela tutta a cucchiaiate. Resistete.
Tagliate a pezzettini le fragole non riservate alla decorazione finale. Mi raccomando, continuate i vostri test sulla qualità del prodotto. In qualsiasi momento potreste essere contattati telefonicamente da un gentile operatore di call center che lavora per una rispettabile azienda e che vi chiederà la vostra opinione, e dovrete essere pronti a fornire una risposta (oggi mi girano...! :D ).
Mettete un disco di sfoglia al centro del piatto o vassoio sul quale servirete la torta (non si sporcherà, ma se avete timore di sbrodolamenti infilate un po' di stagnola sotto il disco: lo sfilerete via al termine della preparazione), con la parte a contatto della carta da forno verso il basso e quella che si sarà gonfiata in cottura verso l'alto.
Spalmate delicatamente una parte della crema sul disco, facendolo arrivare quasi fino ai bordi. Ricordatevi di tenere da parte un po' di crema per la rifinitura finale.
Ricoprite la crema con i mirtilli e le fragole a pezzetti. Tutta (tranne i bordi). Non fate vedere il bianco. Infilate i mirtilli più piccoli negli spazi vuoti tra fragola e fragola. Mostrate a Madre Natura quanto apprezzate i doni della primavera. Beati coloro i quali, essendo nati in primavera, possono prepararsi o ricevere torte di compleanno traboccanti di fragole. Io, al massimo, le mele! :D
Spalmate delicatamente altra crema sopra le fragole e i mirtilli, fino al bordo, pressando molto leggermente. State tenendo da parte un po' di crema per la rifinitura del bordo? Non dite Ops! quando è troppo tardi! (Occhio che oggi mi girano!)
Coprite con il secondo disco di sfoglia, posizionando la parte gonfiatasi in cottura verso il basso e cercando di regolarne la posizione in modo che la torta non sembri pendere da una parte. Non premete troppo o romperete il disco (caspita, quanto mi girano! :D ).
Mettete la crema residua in un sac-à-poche con bocchetta lunga (ammazza!!!) e siringatela contro il bordo della torta riempiendo tutti i buchi, colmando i vuoti e nascondendo tutti i pezzetti di frutta che dovessero eventualmente fare capolino dagli strati di crema (se volete l'effetto sorpresa; altrimenti, lasciateli intravedere). Questa è la parte che mi piace di più. Ho imparato ad eseguire questa operazione osservando il marito sigillare i vetri con la pistola del silicone. :D
A questo punto, se vi è avanzata un po' di crema nella ciotola, ve la potete mangiare (finalmente!), dopodiché ricoprite tutta la sommità della torta con lo zucchero a velo e mettetela in frigo fino a poco prima di servirla, in modo che  l'eventuale umidità delle fragole e dei mirtilli tenuti da parte per la decorazione non sciolga lo zucchero a velo.


Al momento giusto, disponete artisticamente fragole, mirtilli e foglie di menta sulla torta e ai lati (ma il cerchio ce li ha, i lati?) e spolverizzate anche la frutta, leggermente, con lo zucchero a velo. Mentre cercate la risposta alla domanda sui lati del cerchio, non dimenticate, come ho fatto io, di disporre artisticamente i piccoli frutti e le tenere foglioline in vari punti intorno alla torta (si è capito che mi girano? :D )!
Ora, se siete esseri umani normali, potete servire la millefoglie, tagliarla, servirla e gustarla.
Se invece siete foodblogger dovete prima fotografarla!
E mi raccomando, se la portate a casa di qualcuno, che nessuno la tocchi prima che il foodblogger abbia fotografato anche tutte le fette! :D


La foto dell'interno della torta non è la migliore che abbia mai fatto, un po' perché oggi mi girano, un po' perché le luci del ristorante non erano adatte all'allestimento del set fotografico, ma ho voluto comunque mostrarvi come si presenta.

Potete preparare la crema di formaggi e cuocere le basi di sfoglia il giorno prima.
In questo caso tenete la crema in frigorifero, fatela poi tornare a temperatura ambiente e sbattetela (manco a dirlo) prima di usarla per renderla di nuovo morbida.
Assemblate la torta solo poche ore prima di servirla, per evitare che la crema faccia inumidire la pasta sfoglia.


Se state pensando di mescolare fragole e mirtilli con la crema di formaggi, tenete presente che i frutti, soprattutto le fragole a pezzetti, tingeranno la crema con artistiche striature rosso-viola e si incastreranno nella bocchetta lunga della vostra sac-à-poche. Si vede che gli girano pure a loro.

martedì 8 aprile 2014

Le fettuccine del... Papa

Ma chi? er Papa.... "ma vòi di' quello che sta là... ar Vaticano"?

Andiamo con ordine. Qualche giorno fa, sfoglio il web giornale "La Repubblica".... ad un certo punto... il mouse, o come dico io... er sorcio... si posa su un link: "gli gnocchi alla papalina dello chef Paolo Cacciani"... ma non lo riesco a vedere subito. Ho da lavorare. E nemmeno il giorno dopo....ho dovuto aspettare fino a allo scorso venerdì (pausa pranzo) per poterlo vedere... e che sono le fettuccine alla papalina? E poi perché del Papa?
La faccenda merita un approfondimento. Dunque, sembra che nel 1930 l'allora segretario di Stato (a Roma quando si dice "l'altra sponda del Tevere" si parla della Città del Vaticano), il cardinale Eugenio Pacelli, che divenne Papa con il nome di Pio XII, usasse ordinare dei pranzi al "Ristorante del Colonnato" in via del Mascherino (in Borgo Pio a Roma, ovviamente, e ad un passo dal colonnato del Bernini). Orbene, sembra che sua Eminenza richiese all'oste Cesarino Simmi un pranzo speciale per ospiti di riguardo, per lo più stranieri. Sembra anche che sua Eminenza, da buon romano, si raccomandò per una buona pasta, un po' speciale. " E mò Cesarino che se 'nventa?". Ebbene, il nostro oste decise di puntare su una rielaborazione ingentilita della pasta alla carbonara. E la ricetta che propose al cardinale e ai suoi ospiti è:

Le fettuccine alla papalina


Ingredienti per due persone
Impasto
100 g di farina 00 (ma di solito l'impasto ne prende un poco di più.. .dipende dall'uovo)
un uovo medio

Per il condimento
40 g di prosciutto crudo non troppo stagionato, tagliato a striscioline
un uovo
50 ml di latte (la ricetta prevede la panna ma io ho preferito rendere il piatto non troppo pesante)
due cucchiai di parmigiano grattugiato
uno scalogno
mezza cipolla
olio extra vergine d'oliva
sale
pepe.

Preparazione
Fate una fontana con la farina e rompete l'uvo al centro. Cominciate ad amalgamare l'uovo e la farina aiutandovi con la forchetta, per proseguire successivamente con il palmo delle mani. Una volta formato il panetto, lasciatelo riposare una buona mezz'ora sulla spianatora, coperto con una ciotola.


Quindi stendete la sfoglia con il mattarello, oppure utilizzando l'apposita macchina per la pasta. Lasciate asciugare la sfoglia stesa per almeno un'ora. Quindi procedete al taglio delle fettuccine con il coltello oppure utilizzando la macchina. Spolverate le fettuccine con un poco di farina e lasciatele riposare.


Vediamo ora come preparare il condimento. Tagliate la cipolla e lo scalogno a fettine sottili e mettete a rosolare, in una padella ampia, con due cucchiai di olio d'oliva a fiamma bassa, in modo da farle cuocere bene. Nel frattempo rompete un uovo in una ciotola e cominciate a sbatterlo. Quindi aggiungete il latte, il pepe, un pizzico di sale (poco poiché c'è il prosciutto) e, sempre amalgamando, il parmigiano. Lessate le fettuccine in abbondante acqua salata. Aggiungete il prosciutto alla cipolla e procedete sempre a fiamma bassa, per non far diventare croccante (ma a chi piace....) il prosciutto. Scolate le fettuccine al dente e mettetele a saltare in padella con la cipolla e il prosciutto. Se necessario aggiungete un poco di acqua di cottura (uno o due cucchiai). Quindi aggiungete il composto di latte e uovo. Amalgamate bene, abbassando la fiamma, così da non far coagulare l'uovo. Il composto deve rimanere cremoso. Impiattate e "fatele fuori calde"... come dire... cotte e mangiate. Non fate come me, che ho dovuto fare le foto inserite in questo post :D.

Bene... ma non ci beviamo nulla sopra? Ma certo! Vista l'untuosità del piatto (c'è l'uovo, il prosciutto, il latte, l'olio) si può abbinare un vino bianco, non fruttato, e con una nota alcolica pronunciata che servirà proprio a contrastare l'untuosità del piatto. E allora? Direi un greco, o un bellone delle mie parti. Ma se volete osare e tentare un abbinamento particolare, suggerisco bollicine... ovvero uno spumante metodo classico.


Ahòòòò, ma sembra la pasta alla carborana... Ennò!! Per la carborana "ce vò: er guanciale... l'aglio... er pecorino". Tu ce lo vedi sua Eminenza a colloquio con gli ambasciatori "co' 'na fiatella d'aglio"???? "Ebbravo Cesarino".... e aggiungo: "Anvedi er Papa che se magna... cum gaudio!!!!".


domenica 6 aprile 2014

PatATE speziATE spadellATE

Taci. Su le soglie
del bosco non odo
parole che dici
umane; ma odo

parole più nuove
che parlano gocciole e foglie
lontane.
Ascolta. Piove
dalle nuvole sparse.
Piove su le tamerici
salmastre ed arse,
piove sui pini
scagliosi ed irti,
piove su i mirti
divini,
su le ginestre fulgenti
di fiori accolti,
su i ginepri folti
di coccole aulenti,
piove su i nostri volti
silvani,
piove su le nostre mani
ignude,
su i nostri vestimenti
leggeri,
su i freschi pensieri
che l’anima schiude
novella,
su la favola bella
che ieri
t’illuse, che oggi m’illude,
o Ermione.

Odi? La pioggia cade
su la solitaria
verdura
con un crepitio che dura

e varia nell’aria secondo le fronde
più rade, men rade.
Ascolta. Risponde
al pianto il canto
delle cicale
che il pianto australe
non impaura,

né il ciel cinerino.
E il pino
ha un suono, e il mirto
altro suono, e il ginepro
altro ancora, stromenti
diversi
sotto innumerevoli dita.
E immensi
noi siam nello spirito
silvestre,
d’arborea vita viventi;
e il tuo volto ebro
è molle di pioggia
come una foglia,
e le tue chiome
auliscono come
le chiare ginestre,
o creatura terrestre
che hai nome
Ermione.

Ascolta, Ascolta. L’accordo
delle aeree cicale
a poco a poco
più sordo
si fa sotto il pianto
che cresce;
ma un canto vi si mesce
più roco
che di laggiù sale,
dall’umida ombra remota.
Più sordo e più fioco
s’allenta, si spegne.
Sola una nota
ancor trema, si spegne,
risorge, trema, si spegne.
Non s’ode su tutta la fronda
crosciare
l’argentea pioggia
che monda,
il croscio che varia
secondo la fronda
più folta, men folta.
Ascolta.
La figlia dell’aria
è muta: ma la figlia
del limo lontana,
la rana,
canta nell’ombra più fonda,
chi sa dove, chi sa dove!
E piove su le tue ciglia,
Ermione.

Piove su le tue ciglia nere
sì che par tu pianga
ma di piacere; non bianca
ma quasi fatta virente,
par da scorza tu esca.
E tutta la vita è in noi fresca
aulente,
il cuor nel petto è come pesca
intatta,
tra le palpebre gli occhi
son come polle tra l’erbe,
i denti negli alveoli
son come mandorle acerbe.
E andiam di fratta in fratta,
or congiunti or disciolti
( e il verde vigor rude
ci allaccia i melleoli
c’intrica i ginocchi)
chi sa dove, chi sa dove!
E piove su i nostri volti
silvani,
piove su le nostre mani
ignude
su i nostri vestimenti

leggeri,
su i freschi pensieri
che l’anima schiude
novella,
su la favola bella
che ieri
m’illuse, che oggi t’illude,
o Ermione.

(Gabriele D'annunzio, La pioggia nel pineto, 1902)

Piove. Con tuoni e fulmini.
La settimana scorsa, chicchi di grandine grandi come nocciole.
Ho appena scoperto di aver perso il mio ombrello.
E meno male che è primavera!

Oggi ricettina issima: facilissima, velocissima e leggerissima, che non guasta mai!
Ma l'avete vista la nuova etichetta Ricettine "issime"? ;o)

Patate speziate spadellate



Ingredienti per due persone
mezza cipolla piccola tritata
2 cucchiai di olio extravergine d'oliva
mezzo cucchiaino di questo mix di spezie
la punta di un cucchiaino di curcuma in polvere (attenti, macchia in maniera impressionante!)
500 g di patate pelate e affettate sottili con la mandolina
un ciuffetto di prezzemolo

Preparazione
In una buona padella antiaderente fate appassire la cipolla con l'olio, poi aggiungete il mix di spezie e la curcuma e lasciate cuocere per un minuto.
Unite le patate e fatele sfrigolare a fuoco medio per circa cinque minuti, rivoltandole ogni tanto, finché si sarà formata una crosticina dorata sulle fette.
Salate, coprite con il coperchio, abbassate il fuoco al minimo e completate la cottura, terminando con una spolverata di prezzemolo fresco tritato (ah, ad averci il coriandolo...!).

Se non avete il mix di spezie, potete preparare queste patate usando soltanto semi di cumino interi o rosmarino fresco tritato in aggiunta alla cipolla. Saranno ugualmente gustose!

giovedì 3 aprile 2014

Tagliatelle carciofi e stracchino

E' fine settimana, e che non cucini qualcosa di sfizioso? di interessante? "Eccerto"...

Lei: "vorrei provare a fare quella pasta con i carciofi e la crema di stracchino... lessi i gambi a parte e li frulli con lo stracchino... ho preso la ricetta da La prova del cuoco"
Lui: "... interessante... si dai facciamoli io preparo le fettuccine, ora che andiamo al mercato prendiamo i carciofi."
Lei: "e quando fai le fettuccine?"
Lui: "beh, stasera.... o domani che è domenica?"
Lei: "ma si dai..."

Nonna si alzava presto per preparare le fettuccine e il pranzo della domenica... ma io... beh, non ci penso proprio, accidenti è domenica!!!
(Click per ingrandire)
Allora, preparo la spianatora, prendo un pacco di doppio zero, due uova... la commare viene a pranzo. Predispongo la fontana di farina sulla spianatora, ci faccio un bel buco al centro e ci rompo dentro le mie due uova e comincio ad impastare...

Lei: "hai fatto due uova e due etti di farina?"
Lui: "no, no... ho fatto due uova e la farina che si prende..."

Due occhi mi guardano... hanno un'aria che oscilla tra il perplesso, lo stupito e il...sei il solito superficiale. Che sembravano dire " ma che mi sta a significare: due uova e la farina che si prende?" ... notare l'inserimento di stampo Montalbano. Invece stringe due dita a croce e tenta l'esorcismo... "esci dal suo corpo... anima carbonara... in nome della beata Quartina... esci dal suo corpo e torna in purgatorio..."

Lei: "ma non vedi come è duro l'impasto? Per me ci hai messo troppa farina... "
Lui: " ma no dai che deve essere solo lavorato un po'..."
Lei: "... sarà...è un po' che lo lavori...."

Dopo una buona mezz'ora di riposo dell'impasto sotto una ciotola...
Lui: "...ehiiii... vieni un po' a vedere com'è ora?"
Lei: "...l'ho gia visto...."
Lui: "ah, visto com'è bello?"
Lei: "...."

Ebbene sì, è chiaro che l'arte culinaria è scienza. La ripetibilità di una ricetta si basa proprio sul fatto che una ricetta ha i suoi ingredienti e una procedura per amalgamare e sposare quanto elencato nella sezione predetta, fino a giungere al risultato finale!!! Ecco.

Si ma... ma de che? Un po' di "interpretazione" non ce la vogliamo mettere? Una qualche vena di follia... dico proprio di si. In fondo, cucinare è di fatto esprimere se stessi.
Ergo:

Ingredienti per tre persone

Per l'impasto:
due uova medie
farina 00, la quantità che si prende l'impasto (orientativamente un etto a uovo)

Per il condimento:
tre carciofi romaneschi con il gambo
un etto di stracchino
due cucchiai di parmigiano reggiano grattugiato
uno scalogno
1 limone
2 foglie di alloro
sale, q.b.
peperoncino
50 g di pancetta a cubetti (oppure due fette di pancetta tesa che ridurrete a cubetti)
olio extra vergine d'oliva

Preparazione
Pulire i carciofi, dividere i calici dai gambi, togliere le foglie più dure e le barbe. Ripulire poi i gambi dalla parte esterna più dura, tagliare i calici a julienne e i gambi a tocchetti.
Lessare i gambi in un pentolino con una foglia d’alloro spezzata a metà, per circa 10-12 minuti.
Al termine della cottura, scolarli e frullarli con un paio di cucchiai di parmigiano grattugiato e con lo stracchino. Regolare la densità aggiungendo un po' dell'acqua di cottura dei gambi (oppure con un po' di latte) e tenere in caldo.
Far appassire in una padella ampia lo scalogno tritato finemente, con olio d'oliva e un po' di peperoncino. Aggiungere la pancetta a cubetti. Sfumare con un poco di vino bianco. Quindi rosolare i rimanenti carciofi tagliati a julienne per circa 15 minuti.

Lessare le tagliatelle e  scolare al dente. Una volta scolate unirle in padella con i carciofi per alcuni minuti.
Amalgamarle poi con la crema di carciofi e formaggio. Servire cospargendo di parmigiano grattugiato.

Per questa ricetta hanno... giocato a quattro mani... lui ha fatto le fettuccine... lei si è occupata del condimento. Insieme alla commare l'hanno spazzolata.... ebbene? Dopo la degustazione, modello kaimani affamati:
Lei: ".... che ne pensi?"
Lui: "...mumble... secondo me manca qualcosa... ci avrei messo un po' di pancetta o guanciale a cubetti e un po' di peperoncino..."
Lei: "...forse..."
Lui: "... mi sa che la rifaremo...."

(Click per ingrandire)


Ebbene? Ma negli ingredienti citi proprio pancetta e peperoncino... Vi svelo l'arcano. La ricetta originale non prevedeva pancetta e peperoncino. Così l'abbiamo rifatta e inserendo pancetta e peperoncino è decisamente più buona. Ve la riproponiamo in questa versione, buon appetito.

P.s. per accompagnare questo piatto un buon vino bianco, gli amici dell'Ais suggeriscono uno chardonnay...

martedì 1 aprile 2014

Riso Venere al baccalà con pomodori, olive e capperi... versione finger food!

Trovo la vita a due interessante.
Infinite possibilità di imparare qualcosa di nuovo.
Anche un modo diverso di fare le stesse cose.
Svuotare la vaschetta di raccolta dell'acqua del deumidificatore, per esempio.
Una semplice incombenza per la quale io e il marito abbiamo sviluppato due tecniche completamente diverse.

Tecnica A
Entrare nel bagno e prendere il secchio di plastica che staziona nella vasca e nel quale di solito versiamo l'acqua recuperata da altri usi. Portarlo nella stanza in cui si trova il deumidificatore. Staccare la spina dell'apparecchio. Estrarre la vaschetta di raccolta dell'acqua. Inclinarla al di sopra dell'orlo del secchio. Lentamente, far scivolare tutta l'acqua all'interno del secchio stesso. Reinserire la vaschetta nel deumidificatore. Riattaccare la spina dell'apparecchio. Portare il secchio nel bagno e depositarlo all'interno della vasca.
All'occorrenza, prendere uno straccio per pavimenti, bagnarlo, strizzarlo e tornare nella stanza del deumidificatore per asciugare eventuali gocce d'acqua cadute a terra durante l'operazione di svuotamento della vaschetta.

Tecnica B
Dimenticarsi di staccare la spina dell'apparecchio. Estrarre la vaschetta di raccolta dell'acqua. Sollevarla, prenderla tra le braccia e camminare piegati sulla vaschetta stessa a passi piccoli e affrettati fino alla porta del bagno. Rendersi conto che la porta del bagno (l'unica in tutta la casa ad aprirsi verso l'esterno, anziché verso l'interno della stanza) è chiusa. Tentare inutilmente di aprirla spingendo la maniglia verso il basso con il gomito, sempre restando col busto piegato sopra la vaschetta piena d'acqua fino all'orlo. Gridare "Aprimi la porta! Aprimi la porta!" e restare in attesa che qualcuno accorra ad aprire la porta. Entrare nel bagno e inclinare la vaschetta sopra il secchio che staziona nella vasca da bagno. Notare che il secchio è già pieno. Gridare "Prendimi l'altro secchio! Prendimi l'altro secchio!". Sentirsi rispondere che anche l'altro secchio è pieno. Gridare "Alzami la tavoletta! Alzami la tavoletta!" e attendere che il suddetto qualcuno accorra ad alzare la tavoletta del water. Rovesciare l'acqua contenuta nella vaschetta all'interno del water, creando un'onda di ritorno che risalga lungo le pareti e strabordi dall'orlo del water, colando giù sul pavimento e creando una pozza intorno al water. Appoggiare a terra la vaschetta. Prendere uno straccio per pavimenti asciutto e appoggiarlo sulla pozza. Riprendere in braccio la vaschetta. Riportarla nella stanza del deumidificatore e reinserirla all'interno dell'apparecchio.

E adesso indovinate chi di noi adotta la tecnica A e chi la tecnica B! :D


Questo riso nero l'ho fatto almeno quattro volte.
L'ultima, in versione finger food, l'ho proposta a un brunch di compleanno al quale hanno preso parte almeno tre persone che non mangiano il baccalà.
Una di queste ero io! ;o)
Un successo strepitoso.
Un gusto unico.
Un tripudio di sapori.
Il baccalà esaltato e ammorbidito dagli aromi mediterranei: origano, olive nere, pomodori secchi, capperi.
Il colore nero del riso venere a conferire eleganza alla preparazione.
Una delle poche volte in cui si vorrebbe che qualcosa... avanzasse! :D
Servirlo caldo o tiepido.
Meglio il giorno dopo.
E il giorno dopo.
E il giorno dopo... ;o)

Riso Venere al baccalà con pomodori, olive e capperi

da "Cucina Naturale", con qualche modifica
Fotografie di Magno


Ingredienti (per due persone o un folto banco di pesciolini finger food)
140 g di riso Venere
200 g di baccalà dissalato, pronto da cuocere
4 pomodori secchi, al naturale o sott'olio
250 g di pomodori pelati
5 olive nere
10 g di capperi sotto sale
peperoncino tritato
uno spicchio d'aglio
5 g di prezzemolo fresco
un cucchiaino di origano
3 cucchiai di olio extravergine d'oliva

Preparazione
Lessate il baccalà (o cuocetelo al vapore) in un po' d'acqua non salata per 10-15 minuti.
Scolatelo, fatelo intiepidire, spinatelo, spellatelo e riducetelo in scagliette con le mani.
Scolate dall'olio i pomodori secchi e tagliateli prima a striscioline e poi a pezzettini.
Mettete i pelati a scolare in un colino. Divideteli per il lungo, eliminate i semi e tagliateli a filetti.
Snocciolate e tagliuzzate le olive.
Dissalate i capperi.
Tritate il prezzemolo e l'aglio (o tagliate lo spicchio a metà e toglietelo a fine cottura) e fate rosolare a fuoco basso in un'ampia padella con l'olio, il peperoncino e i pomodori secchi.
Dopo due minuti aggiungete i capperi e le olive.
Dopo altri due minuti unite i pomodori a filetti, mescolando delicatamente per non disfarli.
Ancora due minuti... e aggiungete il baccalà.
Fate insaporire il tutto su fuoco medio per cinque minuti, poi coprite, abbassate il fuoco e continuate per altri cinque minuti. Mescolate delicatamente ogni tanto.
Assaggiate e regolate di sale (io non ho mai avuto bisogno di aggiungerlo).
Nel frattempo, cuocete il riso salandolo leggermente. Scolatelo senza sgrondarlo troppo e conservate un po' dell'acqua di cottura.
Versatelo nella padella e unite l'origano. Mescolate per un minuto aggiungendo qualche cucchiaiata dell'acqua di cottura del riso se il tutto risulta troppo asciutto.
Condite con un filo d'olio a crudo e servite nei cucchiai da finger food (o in due piatti individuali).


Il nostro banco di pesciolini finger food nuota dritto dritto da Paola e Monique per il contest In un sol boccone... sperando di essere mangiati tutti! :o)