lunedì 29 giugno 2015

In Umbria, sulla Strada dei Vini del Cantico... e la ricetta degli umbricelli al pesce persico

Se c'è una cosa che in Umbria non manca, quella è il vino.
La cultura del vino è qualcosa di tangibile, la puoi sentire, vedere, toccare. Il vino è dappertutto, lo si respira ovunque, lo si intuisce in un terreno arato di fresco e irto di paletti in cemento, in un trattore incontrato lungo la strada asfaltata con un rimorchio carico di cassette, in una botte piazzata all'impiedi dentro a un ristorante, nelle decine e decine di cantine che con le loro attività legate al vino animano la vita di questa terra straordinaria e verdeggiante.
Mentre percorriamo in auto la strada che ci condurrà alla prossima tappa del nostro blog tour, il nostro sguardo si perde tra i vigneti che rivestono i fianchi delle colline con i loro eleganti e ordinati filari. Lunghe file di auto parcheggiate ai bordi delle strade rivelano la vicinanza all'una o all'altra cantina aderente alla Strada dei Vini del Cantico e a Cantine Aperte 2015. Ne oltrepassiamo diverse, prima di raggiungere la Cantina Goretti che stiamo andando a visitare a Pila, nei pressi di Perugia.


Qui ci accolgono Sara e Giulia, rappresentanti della quarta generazione di una famiglia di vitivinicoltori la cui attività è iniziata quasi un secolo fa. Sono loro a fornirci le prime informazioni sull'azienda di famiglia. Nei 52 ettari della storica cantina di Pila, nella DOC Colli Perugini, la famiglia Goretti coltiva vitigni autoctoni del territorio umbro, come il Grechetto, e vitigni classici italiani quali lo Chardonnay e il Pinot Grigio a marchio di qualità DOC, DOCG e IGT, che è riuscita a far conoscere e apprezzare sui mercati esteri grazie anche all'impegno delle ultime generazioni della famiglia. Inoltre, negli anni '90 la famiglia ha realizzato una seconda azienda a Montefalco, denominata Le Mura Saracene, nella quale produce due importanti vini rossi, il Sagrantino di Montefalco DOCG e il Rosso di Montefalco DOC. Nel 2013 le due cantine Goretti hanno ottenuto il Premio Cifo "Impronte d'eccellenza", un importante riconoscimento dedicato alla sostenibilità ambientale delle pratiche agronomiche vitivinicole: pur non producendo prodotti biologici certificati, l'azienda è attenta all'impatto ambientale della propria attività e alla tutela dei propri territori, e il premio ricevuto garantisce sia la sostenibilità aziendale sia la qualità finale del prodotto.


Sara e Giulia ci guidano attraverso un ampio piazzale, dove numerosi stand distribuiscono cibarie e bicchieri di vino ai visitatori. All'ombra di un gazebo osserviamo un'esposizione di prodotti Winetherapy, creme e cosmetici tutti a base di vino, foglie di vite e parte dei vinaccioli, i semi dell'uva che sono ricchi di polifenoli, sostanze antiossidanti le cui proprietà si uniscono a quelle tonificanti, esfolianti e rilassanti dell'uva.


Mentre Sara ci illustra la linea di cosmetici prodotta dall'azienda Goretti, a un tratto si interrompe per chiamare a raggiungerci una delle figure di riferimento dell'azienda, una signora elegante e distinta che da tutti, siano essi turisti, clienti, amici, familiari o blogger in visita, è conosciuta e chiamata Nonna Marcella. La Nonna Marcella si occupa dell'accoglienza in cantina, e di storie da raccontare ne ha così tante che qualcuno tra noi si incanta ad ascoltarla parlare e parlare, dimentica di tutto, delle creme e dei saponi, del vigneto e dei vini, del quaderno di appunti che tiene tra le mani, delle foto che qualcun altro sta tentando di scattare al gruppo dei blogger, del tempo che passa, del sole che si fa alto in cielo... e anche del resto della visita all'azienda, della degustazione dei vini che ci aspetta e dell'avventura che qui vi avevamo promesso di raccontare! Ma questo qualcuno è pienamente giustificato (anzi, giustificata!) perché la Nonna Marcella è una cuoca provetta e ci sta raccontando di aver raccolto le ricette della cucina umbra e di famiglia in un libro che è possibile acquistare presso il punto vendita della cantina!


E così, mentre il resto del gruppo dei blogger ha già seguito Sara all'interno del punto vendita per continuare la visita, quel qualcuno saluta a malincuore la Nonna Marcella e si affretta a raggiungere il gruppo a cui Sara sta illustrando i prodotti dell'azienda Goretti. Oltre alla linea Winetherapy e ai vini, che tra poco potremo degustare, sugli scaffali del punto vendita troviamo esposti diversi distillati (grappe e brandy), olio extravergine di oliva e miele millefiori dei Colli Perugini... oltre, naturalmente, al libro di ricette della Nonna Marcella!


Usciamo dal punto vendita e attraversiamo il piazzale assolato, dirigendoci verso l'ampio parco alberato adiacente. Lì un carretto distribuisce gelati prodotti con alcuni dei vini della cantina Goretti. E, soprattutto, lì stiamo per ricevere un vero regalo a sorpresa!
Immaginate di essere titolari di un blog di cucina in visita con altri blogger a un'azienda vitivinicola in Umbria. Immaginate che al titolare di ogni blog venga offerta la possibilità di sorvolare i vigneti e i dintorni dell'azienda in elicottero. Ora, immaginate che il posto sull'elicottero sia uno per ogni blog, ma che il vostro blog abbia due titolari...
"Amore, se tu sei in grado di scattare foto da un elicottero in volo, vai pure tu, sull'elicottero!"


E così, mentre uno di noi si sacrifica allegramente per il blog nell'assaggio del gelato al Grechetto e del gelato all'Arringatore, il vino di punta dell'azienda Goretti, l'altro di noi si sacrifica allegramente per il blog sorvolando campi e colline, borghi e vigneti, cantine e fattorie!


E quando, contento come un bambino contento, l'altro di noi rimette piede sul suolo erboso dell'elisuperficie Goretti, arriva anche il momento di degustare i vini dell'azienda abbinati a prodotti tipici umbri, sotto la guida esperta di un sommelier professionista. Accompagnati da Sara ci dirigiamo dunque verso la torre storica dell'azienda, un edificio rurale ma elegante risalente al XII secolo e dedicato all'accoglienza degli ospiti (potete visitarla virtualmente qui), e prendiamo posto nella sala delle degustazioni al secondo piano.


Iniziamo con un calice di Grechetto DOC Colli Perugini, dall'omonimo vitigno vinificato in purezza e dal gusto delicato, che ci viene suggerito come ideale aperitivo e per accompagnare antipasti, pesce e carni bianche.


Subito dopo assaggiamo Il Moggio, prodotto da uve di Grechetto: in questo caso il mosto viene fatto fermentare in botti di legno anziché nei fermentatori in acciaio, e questo conferisce al vino morbidezza, struttura, aroma e una nota amarognola che nel linguaggio tecnico si usa definire ammandorlata; ci viene consigliato per accompagnare in particolare gamberoni, grigliate di pesce e formaggi.


Passiamo poi al rosso L'Arringatore DOC Colli Perugini, assemblaggio di Sangiovese, Merlot e Ciliegiolo e vino di punta dell'azienda Goretti: il nome deriva da una statua bronzea di epoca tardoetrusca rinvenuta a Pila nel 1566, la cui copia è esposta all'ingresso della torre, dedicata al notabile etrusco Aulo Metello e rappresentante l'uomo con il braccio alzato nell'atto di arringare la folla. L'Arringatore ci viene proposto con i tipici crostini umbri al patè di fegatini e con la torta al testo che ormai conosciamo bene!


Con l'ultimo vino proposto in degustazione, il Sagrantino di Montefalco DOCG, usciamo invece dal territorio della Strada dei Vini del Cantico per assaporare il prodotto dell'omonimo vitigno autoctono della zona DOCG di Montefalco, un vino rosso complesso e strutturato che ci viene suggerito di abbinare a formaggi stagionati o piccanti.


Un po' a malincuore usciamo dalla sala delle degustazioni e lasciamo la torre. La nostra visita alla cantina Goretti si conclude qui, e si conclude qui anche il nostro primo blog tour in Umbria. E' tempo di salutare le persone che ci hanno accompagnato durante questa straordinaria esperienza, Beatrice della Strada dei Vini del Cantico che ha voluto che noi fossimo qui, gli altri blogger ManuelaSilviaGiusiAlessandro e Cindy e gli operatori di Umbria Green Card.


Ma non salutiamo l'Umbria, perché il nostro personalissimo itinerario non si è ancora concluso, e stiamo per andare a...
(Dove stiamo per andare ve lo racconteremo tra qualche tempo, perché appena tornati in Palude siamo stati a...!)

Umbricelli al pesce persico 


Gli umbricelli, chiamati in dialetto anche umbrichi, umbrichelli, umbrichelle, sono dei grossi spaghetti fatti a mano con acqua e farina, tipici della provincia di Perugia e della città di Orvieto, in provincia di Terni. Il nome umbricelli deriva da umbrico, che nel dialetto perugino significa "lombrico", per la forma lunga e arrotondata, proprio come un lombrico, di questi grossi spaghetti.
Vi stupisce la presenza del pesce in una ricetta tradizionale di una regione che non si affaccia sul mare? Il persico è un pesce di lago, e in Umbria viene pescato nel lago Trasimeno!
La ricetta che proponiamo ai nostri lettori è ispirata a quelle contenute nel libro Le ricette della Nonna Marcella.


Ingredienti per 2 persone:
Per gli umbricelli:
200 g di farina 00
1 albume
acqua quanto basta per ottenere un impasto sodo e compatto
Per il condimento al pesce persico:
un mazzetto di prezzemolo fresco
uno spicchio d'aglio
peperoncino tritato
olio extravergine d'oliva
160 g di filetti di pesce persico
vino bianco secco
qualche pomodorino
sale

Preparazione:
Umbricelli
Su una spianatoia, formate una fontana con la farina.
Versate l'albume nel centro e cominciate ad amalgamarlo con la farina, utilizzando una forchetta.
Versate l'acqua un po' alla volta, continuando ad amalgamare con le mani fino a ottenere un impasto sodo e compatto.
Formate una palla e lasciatela riposare sulla spianatoia, coperta da una ciotola, per mezz'ora.
Stendete la sfoglia con il mattarello fino allo spessore di 2-3 mm e tagliate delle striscioline larghe 3-4 mm. Arrotondate ogni strisciolina facendola rotolare con le mani sul piano di lavoro, dando così la forma di uno spaghettone... o di un lombrico!


Condimento al pesce persico
Tritate finemente le foglie di prezzemolo e l'aglio e riuniteli in una padella ampia con il peperoncino.
Aggiungete abbondante olio (niente cucchiai né cucchiaini, qui: dovete coprire per bene il fondo della padella!) e cuocete a fuoco medio finché il prezzemolo non sarà ben appassito.
Unite i filetti di pesce persico tagliati a pezzi e rosolateli bene per qualche minuto.
Quando i pezzi di pesce saranno diventati uniformemente bianchi aggiungete il vino bianco e fatelo evaporare a fuoco vivo. Contemporaneamente, sminuzzate il pesce con un cucchiaio di legno.
Quando tutto il vino sarà evaporato aggiungete i pomodorini tagliati a metà, cuoceteli per un paio di minuti e schiacciateli con il cucchiaio di legno. Salate.


Cuocete gli umbricelli in abbondante acqua salata, scolateli nella padella con il pesce e fateli saltare per qualche minuto.
Disponeteli nei piatti individuali e serviteli subito, accompagnandoli con un calice di Chardonnay DOC Colli Perugini, come suggerisce la Nonna Marcella, o di Grechetto DOC Colli Perugini, come suggerisce Magno!

giovedì 25 giugno 2015

In Umbria, sulla Strada dei Vini del Cantico... e la ricetta della torta al testo umbra

Mattina di una di quelle giornate in cui il tempo fa desiderare che sia così tutti i giorni dell'anno.
Soprattutto se il sole splende, l'aria è fresca e il cielo punteggiato di nuvolette in barba alle previsioni che fino al giorno prima annunciavano rovesci e temporali sull'Umbria e sul nostro primo blog tour.
Grati alla sorte e alla primavera, ci tuffiamo nella seconda giornata del nostro viaggio in Umbria. La nostra prima tappa è la verdeggiante collina di Miralduolo, a Torgiano, tra Perugia e Assisi, nel cuore di una delle prime DOC italiane, dove si sviluppa il vigneto dell'azienda vitivinicola Terre Margaritelli.


E qui qualcuno che, tra noi, è particolarmente sensibile, per così dire, a certi temi di carattere agricolo-ambientale, trova veramente la sua dimensione. Davanti a noi, infatti, si estende un vigneto di ben 52 ettari interamente coltivato biologicamente!
"Amore, ma hai sentito?? Tutto biologico e certificato!! Ti rendi conto? Cinquantadue ettari di terreno interamente convertiti all'agricoltura biologica!! Ma ti rendi conto di..."
"Sì, sì, mi rendo conto. Tranquilla, ora, eh?"
Rapiti (almeno uno di noi!), ascoltiamo Federico che ci mostra l'azienda e il vigneto e ci spiega alcune delle pratiche di coltivazione seguite in azienda.
"Hai sentito? Piantano il favino in mezzo ai filari e poi lo interrano, così il terreno si arricchisce e nutre le piante!! E quell'erba lì, hai sentito?, che ha radici superficiali e assorbe l'acqua dallo strato superiore del terreno, così la vite deve spingere le radici in profondità per cercare l'acqua, e in questo modo incontra gli strati del terreno più ricchi di minerali, che vengono assorbiti dalle radici e danno aroma al vino! Ma è fantastico! Tutto quello che finora avevo soltanto letto nella mia rivista preferita adesso è qui davanti ai miei occhi!! E l'equilibrio che si crea e si mantiene tra gli animali e le piante del vigneto! E i microrganismi naturalmente presenti sul chicco che producono la fermentazione senza che sia necessario aggiungerne altri dall'esterno! Amore, hai sent..."
"SI'! Ho sentito! Vuoi metterti tranquilla ad ascoltare, per favore, e lasciarmi fotografare??"
(Se trovate scritto qualche svarione, siate buoni e perdonateci, almeno uno di noi in quel momento era in estasi!)


Sotto l'ombra gradita di un albero da frutto, Federico ci parla dell'azienda Terre Margaritelli e del vigneto, che all'inizio non veniva coltivato per la produzione di vino bensì per la vendita delle uve. Quando, in tempi recenti, l'azienda ha intrapreso la strada della vinificazione, il vigneto è stato reimpiantato e una parte, estesa per 22 ettari, è stata destinata alla sperimentazione accogliendo varietà estranee al territorio, in linea con una tradizione di famiglia che da sempre si è orientata verso l'innovazione. Nella cantina sperimentale l'azienda lavora piccole quantità dei diversi vitigni per testare il rendimento di ognuno di essi e ottimizzarne il processo di vinificazione, in relazione alle specificità del territorio di Torgiano. I restanti 30 ettari di vigneto sono invece destinati alla produzione regolare e al commercio delle sette etichette di vini prodotti, tra cui DOCG Torgiano Rosso Riserva, DOC Torgiano Rosso e Bianco e Umbria IGT.


Federico ci conduce poi in cantina, prestandosi gentilmente a rispondere a tutte le nostre domande (qualcuno si trattiene a stento dal chiedere una spiegazione dettagliata di ciascuna delle pratiche agronomiche seguite per la cura del vigneto!).
Lì, davanti a una lunga fila di barrique, lo ascoltiamo parlare proprio delle botti, con le quali l'azienda Terre Margaritelli ha una relazione unica e specialissima. La famiglia Margaritelli, infatti, è leader nelle attività di gestione forestale e produzione del legno. In particolare, in Francia, e precisamente a Fontaine, in Borgogna, ha sede la Margaritelli Francia, una delle segherie più importanti e tecnologicamente avanzate d'Europa. In virtù di ciò, agli inizi del 2000 gli istituti nazionali francesi di enologia e di gestione forestale chiesero alla Margaritelli Francia di essere partner tecnico di una ricerca consistente nel valutare come il rovere di ciascuna foresta francese incidesse sulla struttura organolettica, e non solo, del vino. La Margaritelli Francia fornì quindi il rovere con cui una tonnellerie (fabbrica di tonneaux, botti in legno) realizzò le barrique per la ricerca, una per ogni foresta di provenienza del legno. In quelle barrique venne poi messo ad affinare per un anno lo stesso lotto del vino scelto, un Pinot nero di Borgogna. Al termine del periodo di affinamento la cantina Terre Margaritelli testò i risultati, mettendo in luce come il legno proveniente da foreste diverse conferisse aromi diversi allo stesso vino. A quel punto, l'azienda scelse per l'affinamento dei propri vini il rovere proveniente dalla foresta di Bertranges, dove una pianta di rovere impiega 180 anni per completare il suo ciclo di crescita e dove nessun albero può essere tagliato senza che un nuovo  esemplare sia stato messo a dimora. E sono necessari ancora molti anni per effettuare l'essiccazione del legno, che viene realizzata tramite una prolungata esposizione all'aria aperta. I tronchi vengono infine tagliati secondo una speciale tecnica manuale che segue la direzione delle fibre del legno senza mai interromperle. In questo modo, le sostanze assorbite dal terreno attraverso i secoli e conservate nel legno restano intatte in ogni doga di botte e contribuiscono a conferire al legno il suo unico e inimitabile bouquet olfattivo.
Usciamo dalla cantina con l'eco delle parole di Federico ancora nelle orecchie. A qualcuno di noi la storia che ci ha appena raccontato ha fatto venire i brividi... (Quel qualcuno se la sarebbe fatta raccontare di nuovo, quella storia unica, per scriverla, rileggerla, raccontarla a proprio volta...)


Seguiamo Federico in un locale dove è stata preparata per noi una degustazione di alcuni dei vini dell'azienda, accompagnati da pane, formaggi e affettati umbri. Sotto la sua guida degustiamo i bianchi Costellato, Bianco di Torgiano DOC prodotto assemblando Trebbiano, Fiano e Chardonnay, e Greco di Renabianca, Bianco dell'Umbria IGP, da uve di Grechetto, il vitigno bianco più caratteristico dell'Umbria, vinificato in purezza e arricchito di sentori nelle barrique di rovere francese; e i rossi Miràntico, Rosso di Torgiano DOC prodotto da uve Sangiovese, Canaiolo, Merlot e Cabernet, e Freccia degli Scacchi, Torgiano Rosso Riserva DOP, da uve Sangiovese, il re dei vitigni rossi del Torgianese, vinificato in purezza e affinato 24 mesi in barrique e 18 mesi in bottiglia.


La nostra visita all'azienda Terre Margaritelli sta per concludersi, ma Federico ci regala ancora qualche notizia preziosa sulla toponomastica del luogo e sulla scelta dei nomi delle etichette. Una leggenda vuole che il nome dell'antico borgo di Miralduòlo derivi dall'espressione "mira il duolo", in ricordo delle battaglie sanguinose combattute nella valle tra Perugia e Torgiano. In realtà il nome del borgo deriva da quello di una famiglia longobarda che governò il borgo stesso, ma la leggenda si collega alla storia (meno nota, forse, rispetto a quelle dei santi!) dei soldati di ventura dell'Umbria. Da una ricerca storica compiuta da Andrea Margaritelli, appassionato di storia, emersero i nomi di alcuni di questi soldati di ventura, che ispirarono alla famiglia i nomi di alcuni dei propri vini: Pietramala, Malot, Greco di Renabianca e Freccia degli Scacchi. Roccascossa non è altro che la rocca di Miralduolo, scossa dopo una battaglia, mentre Miràntico è una costruzione che unisce i termini antico e Miralduolo. Costellato, infine, richiama nel nome il suo colore, limpido e dorato come quello delle stelle.


Salutiamo e ringraziamo Federico per le tante informazioni che ci ha regalato e per la cordialità con cui ci ha accolto e accompagnato nella nostra visita alla cantina Terre Margaritelli. Prima di lasciare l'azienda sostiamo nel piazzale, all'ombra degli alberi, scattando ancora qualche foto che ci ricordi questa giornata così ricca di stimoli e questa esperienza così particolare e interessante.
Ma la nostra sosta dura poco: la seconda giornata del nostro primo blog tour non è finita, e nella prossima tappa ci aspetta un'avventura che merita davvero di essere raccontata!

Torta al testo umbra


La torta al testo è una delle preparazioni umbre più conosciute... almeno in Umbria!
Chiamata anche crescia o ciaccia a seconda dei luoghi, è una sorta di focaccia preparata originariamente con acqua, farina e sale e cotta sul testo, che anticamente era un disco di pietra refrattaria sul quale la torta veniva appoggiata e poi ricoperta con cenere calda e carboni ardenti.
Le origini di questa preparazione sono legate alla vita e alla cultura contadine dell'Umbria. La torta al testo era destinata al pranzo degli uomini che lavoravano nei campi, in un'epoca in cui il pane lievitato era considerato prezioso e in momenti in cui c'era la necessità di riempire lo stomaco con qualcosa che saziasse molto e riempisse a lungo la pancia. Questo impasto, essendo privo di lievito, una volta cotto risultava molto compatto, e non essendo stato sottoposto alla maturazione e alla lievitazione conteneva intatti tutto il glutine e tutto l'amido della farina, richiedendo quindi da parte dell'organismo una digestione lunga e complessa.


Oggi la torta al testo accompagna, tagliata a spicchi, piatti di carne e di verdure, ma il modo più tipico di mangiarla è farcita con il prosciutto, con erbe ripassate e salsicce cotte alla brace, con formaggi e affettati umbri. La ricetta tradizionale con il tempo si è modificata e tra gli ingredienti principali oggi compare il lievito istantaneo, che rende l'impasto più soffice. Scomparsa l'esigenza di nutrirsi con alimenti che richiedono una digestione laboriosa, tra le tante varianti alla ricetta antica troviamo la farina integrale, più sana e digeribile, e l'olio d'oliva che ammorbidisce l'impasto. Anche l'antico testo di pietra refrattaria è stato abbandonato dai più, così come il sistema tradizionale di cottura della torta sotto la cenere e i carboni, sostituito dapprima dal testo in ghisa e infine dai moderni testi in materiale leggero e antiaderente, che permettono di cuocere la torta al testo sulla fiamma del gas. Quanto alle farciture, nelle famiglie così come nei locali dove la torta al testo viene preparata e servita è solo questione di fantasia, e le antiche ricette convivono fianco a fianco con nuovi ingredienti e nuove preparazioni.


Tra le infinite varianti possibili, per la nostra torta al testo noi ci siamo voluti orientare su una versione abbastanza classica, che prevede come unici ingredienti "moderni" il lievito istantaneo e l'olio extravergine di oliva. Per farcirla abbiamo scelto un ottimo prosciutto di Norcia e una caciotta umbra delicata.
La ricetta che abbiamo scelto è di Federico ed è stata interpretata da Magno, validamente disturbato supportato da Gaudio!


Ingredienti per un testo di 28 cm di diametro:
500 g di farina 0
330 g di acqua (la quantità di acqua può variare a seconda della capacità della farina di assorbirla; dovete ottenere un impasto morbido ma non appiccicoso)
5 g di sale fino
16 g di lievito istantaneo per torte salate
1 cucchiaio di olio extravergine d'oliva
Per la farcitura:
6 fette di prosciutto di Norcia
6 fette di caciotta umbra

Preparazione: (qui il video di Federico)
Mescolate la farina con il sale e il lievito setacciato.
Formate una fontana sul piano di lavoro (o iniziate l'impasto in una ciotola), al centro versate l'olio, aggiungete l'acqua, poca per volta, e cominciate a impastare.
Impastate fino a ottenere un impasto bello liscio, morbido ma sodo e non appiccicoso.
Formate una palla e lasciate riposare l'impasto coperto con una ciotola per mezz'ora.
Scaldate il testo. Nel frattempo stendete l'impasto, prima con le mani e poi con il mattarello, a un'altezza di 2-3 cm, dandogli una forma rotonda.
Per provare la temperatura del testo, lasciate cadere qualche goccia d'acqua sulla superficie: quando la vedrete bollire ed evaporare il testo sarà pronto. Adagiate la torta sul testo e dopo 2 minuti bucatene la superficie con i rebbi di una forchetta, tenendoli rivolti verso l'alto e premendo l'impasto con il dorso.
Dopo 5-6 minuti di cottura controllate il fondo della torta alzandola con una paletta: il fondo deve essere dorato. Capovolgete la torta prendendola con le mani (potete aiutarvi con la paletta, infilandola sotto la torta) e cuocetela per altri 5-6 minuti (il testo a questo punto sarà più caldo, quindi assicuratevi che il lato inferiore della torta non bruci, e abbassate la fiamma se vedete che si scurisce troppo in fretta).
Quando anche il lato inferiore risulterà ben cotto togliete la torta dal testo e appoggiatela su un canovaccio. Dividetela subito in 6 spicchi (usate un coltello o una rotella tagliapizza), aprite ogni spicchio e farcitelo con una fetta di formaggio e una di prosciutto, richiudetelo e mangiatelo ben caldo, magari seduti di fronte a un vigneto e accompagnando ogni boccone con un sorso di Torgiano Rosso Riserva DOP!

lunedì 15 giugno 2015

In Umbria, sulla Strada dei Vini del Cantico... e la ricetta della crescionda spoletina

"Franci, Nico, vi interesserebbe unirvi a un educational tour per food, wine, travel blogger organizzato dalla Strada dei Vini del Cantico e dalle Terre dei Bulgarelli in occasione di Cantine Aperte in Umbria?"

Due settimane dopo partiamo per Perugia in compagnia di un plumcake alla carota, due sacchetti di bastoncini mandorlati e un buon numero di immancabili mozzarelle di bufala.
Oltre che, naturalmente, del nostro blog!
"Ma cos'è di preciso la Strada dei Vini del Cantico?"
"E' un'associazione a cui partecipano diversi Comuni umbri, cantine, strutture ricettive, ristoranti, frantoi, aziende agricole, organizzazioni e attività commerciali, artigianali, turistiche e culturali. Pensa che in Umbria ci sono quattro Strade del Vino e una Strada dell'Olio... una cosa fantastica! Puoi andare in giro e scoprire il territorio nei diversi aspetti... l'agricoltura, l'arte, il paesaggio, la storia, la cultura, l'ambiente, per non parlare di tutti i prodotti della gastronomia locale... l'olio... il vino... mammaquantaroba!!!"
"E le Terre dei Bulgarelli?"
"Un consorzio che riunisce vari operatori, sempre allo scopo di valorizzare il territorio che una volta apparteneva ai conti Bulgarelli: boschi e vallate che ospitano borghi, castelli, cantine, antichi mulini e fornaci... meraviglioso!!!"

Raggiungiamo Perugia dopo tre ore e mezza di chiacchiere e di progetti su dove andremo, cosa vedremo, a quali eventi parteciperemo, quali vini degusteremo, quali specialità gastronomiche assaggeremo, mentre la strada serpeggia tra vallate e colline boscose punteggiate di case rustiche e paesini e disseminate di oliveti e filari di vite, sotto il cielo azzurro di una giornata baciata dal sole.
Provvisti di macchina fotografica, penna e quaderno per gli appunti (qualcuno tra noi è piuttosto restio all'uso di certa tecnologia informatica!), incontriamo il gruppo dei blogger presso l'Azienda Vitivinicola Chiorri, ubicata su una dolce, soleggiata collina nella località di Sant'Enea, ai confini del comune di Perugia.
Per noi rappresenta la prima tappa del nostro primo blog tour... un'emozione che non proviamo neanche a trattenere!
La cantina Chiorri, azienda a conduzione familiare da generazioni, ci accoglie con sorrisi cordiali e una vista mozzafiato della Valle Umbra. Il nostro sguardo segue i filari ordinati che digradano lungo il declivio della collina, attraversa l'ampia piana alluvionale e risale lungo il pendio del monte Subasio, perdendosi tra le viti, i campi coltivati, e più in alto, sul fianco della montagna, tra le case dell'antica città di Assisi.


Seguiamo Francesco che ci guida nella visita. Fondata da Antonio Chiorri alla fine dell'800 in una zona vocata alla coltura della vite fin dall'epoca degli Etruschi, la cantina Chiorri ci presenta nelle sue attrezzature un compendio di storia della produzione del vino. Dal torchio manuale, usato ancora oggi per la spremitura delle uve passite, alle ampie vasche in cemento, sostituite in tempi più recenti dapprima da quelle in vetroresina e poi dai più moderni contenitori in acciaio dotati di strumenti per il controllo della temperatura durante la fermentazione. Infine, le insostituibili barrique (botti) di legno di rovere proveniente dalle foreste della Francia, dove alcuni vini riposano e affinano per un periodo più o meno lungo prima dell'imbottigliamento.


Nei circa 20 ettari di vigneto, curati con attenzione all'impatto ambientale e secondo criteri di ecocompatibilità che si concretizzano in operazioni come la potatura a mano e la raccolta manuale delle uve in cesti, la famiglia coltiva i bianchi Grechetto, Trebbiano e Malvasia e i rossi Sangiovese, Cabernet Sauvignon e Merlot. Tra i vini prodotti, il Bianco, il Rosato, il Rosso e il Saliato rientrano nella DOC dei Colli Perugini; il Grechetto, il Sangiovese, il Gabri, lo Zeffiro e il Garbino appartengono alla IGT (Indicazione Geografica Tipica) dell'Umbria.

Alla fine del giro in cantina ci disperdiamo all'intorno, catturando immagini e riempiendoci gli occhi della bellezza delle viti, delle colline, del cielo macchiato di nubi.
Poi, ci accomodiamo sulla terrazza panoramica, godendo del magnifico paesaggio umbro, dell'aria frizzante e dei raggi del sole al tramonto. Nonché di un freschissimo calice di delicato Rosato offertoci dalla famiglia, papà Francesco, mamma Monica e le piccole Maria Francesca e Anna Maria, due bimbe allegre e solari, sempre in movimento intorno a noi trasportando da un tavolo all'altro stuzzichini, tovaglioli di carta e bicchieri di vino.
In un'atmosfera festosa e rilassata facciamo conoscenza con i nostri compagni di tour: Manuela, Silvia, Giusi, AlessandroCindy, nonché Beatrice della Strada dei Vini del Cantico e gli operatori di Umbria Green Card che hanno messo a disposizione dei blogger le loro auto elettriche e li accompagnano nelle visite.
In realtà Cindy la conosciamo già perché da tempo seguiamo il suo bel blog, e siamo emozionati ed entusiasti di poterla conoscere di persona e chiacchierare con lei!


E arriva anche il momento dedicato alla gastronomia!
Sotto una tettoia affacciata sulla valle prendiamo posto attorno a una lunga fila di tavoli e panche di legno per la Cena del Vignaiolo, curata dallo chef Samuele Bovini dell'Università dei Sapori di Perugia, per l'occasione in cucina insieme a nonna Franca.
Il vino nel bicchiere e nel piatto è lo slogan di questo interessante evento, il cui intero menù, dall'antipasto al dolce, è costruito intorno all'abbinamento dei vini Chiorri con piatti e ingredienti tipici dell'Umbria e vede la presenza dei vini stessi come ingredienti privilegiati delle varie preparazioni.


In un tripudio di sapori, colori e profumi, sulla nostra tavola si susseguono, elegantemente accompagnati dai rispettivi vini serviti da nonno Tito, la Caramella di sfoglia al pecorino di Norcia con spadellata di fave fresche e concassé di pomodoro al Grechetto, il Risotto Carnaroli mantecato con zucchine croccanti, i loro fiori, provola affumicata e Rosato, gli Umbricelli al ragout bianco di Chianina bagnato al Sangiovese, il Medaglione di maiale umbro bardato e cotto a bassa temperatura con riduzione di Saliato, sfoglie di patate e sformato di spinaci, la Crescionda spoletina agli amaretti, crema alla menta e gelée di Sangiovese Passito, mentre la notte scende sui Colli Perugini, sulla Valle Umbra e sul podere circondato dai vigneti, a Sant'Enea...


Lasciamo la cantina Chiorri a notte fonda, carichi di fotografie, appunti e opuscoli informativi, e con una preziosa bottiglia di Sangiovese Passito sottobraccio.


Vero Amor Mio... così iniziava nel 1892 una lettera d'amore di Pasquale Chiorri alla sua fidanzata. E così iniziava, più di cento anni fa, la storia della famiglia Chiorri nel podere di Sant'Enea.
Il sole matura e consuma il grappolo con il suo ardore amoroso fino a lasciarne solo l'essenza. Il Vero Amore nasce da uve di Sangiovese selezionate in vigna, raccolte a mano, stese su telai ad appassire al sole, spremute a mano nell'antico torchio come sempre si è fatto. Si vinifica e affina in piccole botti di legno francese, dove riposa e matura fino al confezionamento manuale in una serie limitata e numerata di bottiglie.
La storia della cantina Chiorri è una storia d'amore per le proprie vigne che continua ancora oggi e che unisce la terra, le colline, le viti e le persone, quelle che il vino lo producono e quelle che lo comprano, lo degustano, lo amano.
Come noi, food blogger della Palude, che in una fresca notte di maggio iniziano la loro storia d'amore con la bottiglia numero settecentonovantanove...


(... e il tour continua...)

Crescionda spoletina con salsa al cacao e amaretti sbriciolati


La crescionda è un dolce tipico della città di Spoleto, in provincia di Perugia, la cui diffusione non supera i confini del territorio comunale e le cui origini risalgono al Medioevo, quando si apprezzavano e si ricercavano i sapori agrodolci: la ricetta originaria prevedeva infatti, tra gli ingredienti, il formaggio pecorino e il brodo di gallina. E proprio a quest'ultimo ingrediente si fa risalire l'origine del nome crescionda, che deriverebbe da crescia (la cresta del gallo utilizzata per il brodo, con funzione addensante) onta, ossia "unta".


Dolce basso e morbido a base di uova, latte, cacao e amaretti, la crescionda si prepara tradizionalmente nel periodo di Carnevale e ne esistono diverse versioni, tante quante sono le famiglie che lo preparano, che differiscono tra loro per gli ingredienti usati per aromatizzare l'impasto, per le proporzioni tra gli ingredienti e per i tempi di cottura, il che determina una consistenza del dolce più o meno morbida. Alcune versioni assumono addirittura un aspetto stratificato e una consistenza "budinosa".


E prima che il lettore che commenta sempre dal fondo mi apostrofi con Aho', ma che c'entra Spoleto, sei annata ner Cantico, potevi fa' 'na ricetta der Cantico!, io premetto che sì, Spoleto non fa parte della Strada dei Vini del Cantico, ma io a Perugia la crescionda me so' magnata, mica 'n'artra cosa!
E non solo me la so' magnata, ma mi è anche piaciuta molto, per cui ecco qui la ricetta che lo chef Samuele Bovini mi ha generosamente regalato (e che io ho "interpretato"... o non sarei una food blogger!) per condividerla con i nostri venticinque cinquanta lettori!


Ingredienti per uno stampo di 28 cm di diametro:
Per la crescionda:
50 g di cioccolato fondente al 70% di cacao
200 g di amaretti
200 g di biscotti al cioccolato (o savoiardi come nella ricetta di Samuele Bovini)
50 g di cacao amaro
un pizzico di sale
1/2 l di latte fresco intero
4 uova
100 g di zucchero di canna semolato
Per la salsa al cacao (dose per 2 monoporzioni come nella foto):
70 g di zucchero mascobado * o Demerara
30 g di cacao amaro in polvere
un pizzico di sale
50 g di acqua
1 cucchiaino di succo di limone
1/2 cucchiaino di estratto liquido di vaniglia *
Per la decorazione:
amaretti sbriciolati
zucchero a velo vanigliato
* per questo ingrediente vedi qui

Preparazione
Crescionda
Fondete il cioccolato a bagnomaria e lasciatelo intiepidire.
Polverizzate gli amaretti e i savoiardi e riuniteli in una ciotola ampia insieme al cacao setacciato e al sale. Mescolate bene con una frustina a mano.
Sempre mescolando con la frustina, unite a filo prima il latte a temperatura ambiente e poi il cioccolato fuso e tiepido. Amalgamate bene il tutto.
In un'altra ciotola montate le uova a temperatura ambiente con lo zucchero fino a renderle bianche e spumose.
Unite in più riprese le uova montate al composto di biscotti e latte, versando nella ciotola poca montata di uova per volta e mescolando con una spatola o con la frusta a mano, dal basso verso l'alto e delicatamente, fino a ottenere un composto ben amalgamato.
Versate il tutto in uno stampo imburrato e spolverizzato con cacao amaro setacciato e infornate in forno statico e preriscaldato a 160° per un'ora e un quarto circa.
Sfornate e aspettate una decina di minuti prima di sformare la torta.
Lasciatela raffreddare completamente su una gratella, poi ritagliate le monoporzioni con un coppapasta e spolveratele con lo zucchero a velo vanigliato.
Salsa al cacao
Preparate la salsa mentre la crescionda termina il raffreddamento.
Mescolate in un pentolino lo zucchero con il cacao e il sale.
Aggiungete pian piano l'acqua con il succo di limone, sempre mescolando con una frustina.
Unite l'estratto di vaniglia e mescolate finché il tutto è omogeneo.
Mettete su fuoco medio-basso, mescolando continuamente.
Appena la salsa prende un leggerissimo bollore, abbassate il fuoco al minimo e mescolate ancora per 10-15 minuti.
Fate raffreddare mescolando ogni tanto finché la salsa non si addensa abbastanza da poter essere versata nei piatti senza colare.
Potete preparare la salsa in anticipo e conservarla nel pentolino: al momento di servire il dolce basterà scaldarla leggermente per riportarla alla consistenza giusta.
Ricoprite con la salsa il fondo dei piatti individuali, appoggiate al centro le monoporzioni di crescionda e cospargete il dolce e la salsa con gli amaretti sbriciolati.
Servite la crescionda accompagnata dal Sangiovese Passito Vero Amore... e lasciate la bottiglia sul tavolo!!!


Se invece desiderate preparare una crescionda dall'aspetto più classico, potete presentarla così:


In questo caso, sformate la torta capovolgendola su una gratella e lasciatela raffreddare. Quando sarà tiepida preparate la salsa raddoppiando la dose e versatela sulla crescionda facendola colare lungo i bordi. Decoratela con gli amaretti interi appena prima di servirla.

giovedì 4 giugno 2015

Plumcake alla carota con cioccolato e pistacchi

"Pronto, Franci, come va?... Come? In ospedale? Al pronto soccorso? Ma cosa...?... Dolori forti allo stomaco?... Gastrite? Ma come, gastrite? No, no, no, tu non puoi avere la gastrite!... Te l'hanno fatto l'elicobacter? E' la prima cosa da fare, l'elicobacter!... Radiografia, ecografia e gastroscopia...?... No, no, no, non va bene, devi andare da qualche altra parte, non in quell'ospedale lì... Io ti farei fare una risonanza magnetica, è la cosa migliore da farsi... No, non mi convince proprio, questa diagnosi... Non è possibile che tu abbia la gastrite... Comunque è proprio il periodo, questo, della gastrite... E la dieta? Dovresti farti dare una dieta per l'ulcera. Certo mica puoi più mangiare le cose che mangiavi prima, bisogna che te lo metti in testa... Ormai solo raramente ti potrai concedere qualcosa... Ti stai facendo vecchia, rassegnati!"

Invece io non ci penso neanche lontanamente a rassegnarmi e a nutrirmi di brodini e minestrine.
Anzi, lo faccio proprio apposta a prepararmi cose buone quando sto male.
Altrimenti mi sento ancora più malata.
Per cui, appena tornata a casa dall'ospedale ho resistito ventiquattro ore a mangiare pastina, patate bollite, fette biscottate e tè deteinato.
Il giorno dopo ho impastato il pane e preparato questo plumcake.
Certo, date le circostanze ho preferito eliminare, per stavolta, il limone, il cioccolato e i pistacchi.
Ma gli altri ingredienti erano tutti consentiti.
Ne è venuta fuori una delizia morbida, profumata e colorata.
Immaginatevi la versione con il limone, il cioccolato e i pistacchi.
Anzi, no.
Non limitatevi a immaginarla.
Fatevela.
Voi che potete! ;o)

Plumcake alla carota con cioccolato e pistacchi

da "Cucina Naturale", con modifiche


Ingredienti:
100 g di zucchero di canna demerara o mascobado *
buccia grattugiata di un limone
300 g di farina 0 biologica
una bustina di polvere lievitante (ho usato un mix di cremor tartaro e bicarbonato; oppure comune lievito per dolci)
270 g di succo di carote (o centrifugato; io ho usato il succo *)
75 g di olio extravergine d'oliva
un cucchiaino di estratto liquido di vaniglia *
50 g di cioccolato fondente, tagliato a pezzi grossolani col coltello
50 g di pistacchi non salati
* per questo ingrediente vedi qui

Preparazione:
Mescolate in una ciotola ampia lo zucchero e la buccia del limone, strofinando bene con le dita.
Aggiungete la farina setacciata insieme alla polvere lievitante e mescolate bene.
Formate una fontana nella ciotola della farina e versate il succo di carote, l'olio e l'estratto di vaniglia.
Amalgamate con le fruste a bassa velocità fino a rendere il composto liscio, senza mescolare troppo.
Unite il cioccolato fondente e mescolate con una spatola.
Trasferite il composto in uno stampo da plumcake imburrato e infarinato (o rivestito con carta da forno) e cospargete la superficie con i pistacchi.
Infornate in forno statico preriscaldato a 170° per 45 minuti circa.
Sfornate e dopo 5 minuti circa sformate il plumcake e lasciatelo raffreddare su una gratella per dolci.

Una precisazione riguardo allo stampo: io ho usato uno stampo rettangolare con le pareti svasate e l'imboccatura più larga della base. Se usate un comune stampo da plumcake, ossia uno di quelli lunghi e stretti a pareti dritte, consiglio di dimezzare la quantità di lievito per evitare che il dolce "esploda" in cottura.

Di una cosa vi devo avvertire, se deciderete di fare questo plumcake.
E' stato scientificamente dimostrato che, se lo preparate per regalarlo a qualcuno dopo averlo preparato cinque volte per voi stessi, la sesta volta che lo fate il plumcake si rompe, per cui vi consiglio di usare la carta da forno!

Per finire, un paio di idee su come usare il succo di carote avanzato, nel caso lo compraste: un freschissimo Sorbetto alla carota con limoncello e ricordo di vaniglia del Madagascar e un morbidissimo Bauletto pandicarota al farro e grano duro a lievitazione naturale!