venerdì 28 novembre 2014

Zuppa di lenticchie e castagne con peperoncini "Cappello del vescovo"

Nell'immagine sottostante è nascosto un gatto.
Se lo trovate entro trenta secondi, nel seguito di questo post comparirà una ricetta.
Buona ricerca!


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Zuppa di lenticchie e castagne

con peperoncini "Cappello del vescovo"



ricetta originale di Angela Frenda

Ingredienti per 3 persone:
2 cucchiai di olio extravergine d'oliva
1/2 gambo di sedano
1 carota media
1/2 cipolla
20 g di pancetta arrotolata
200 g di lenticchie verdi
150 g di castagne (varietà marroni), peso a crudo
3 peperoncini "Cappello del vescovo" freschi

Preparazione:
Riguardo alla cottura delle lenticchie, i pareri discordano. Ammollo sì, ammollo no. Bicarbonato sì, bicarbonato no. Cottura lunga, cottura breve.  Io ho seguito le istruzioni riportate sulla confezione e mi è andata bene!
Mettete in ammollo le lenticchie in acqua fredda per 2 ore, dopodiché scolatele e sciacquatele bene.
In una pentola unite all'olio il sedano, la carota e la cipolla tagliati a dadini insieme alle foglie di alloro spezzate a metà e cuocete a fuoco medio per 5 minuti.
Aggiungete la pancetta tagliata a striscioline e continuate a cuocere per altri 5 minuti.
Versate nella pentola le lenticchie ben scolate, fate insaporire per 5 minuti mescolando e coprite a filo con acqua calda. Portate a ebollizione, poi lasciate sobbollire fino a completa cottura delle lenticchie (le mie hanno impiegato 30 minuti circa).
Nel frattempo lessate le castagne, eliminate la buccia e la pellicina interna e spezzettatele grossolanamente con le mani, lasciando qualche pezzo più grande. Mettete da parte qualche castagna intera per decorare i piatti.
Spegnete il fuoco, unite le castagne spezzettate e lasciate insaporire (io fino al giorno dopo). Prima di servire riscaldate la zuppa e aggiungete i peperoncini tagliati a pezzetti.
Decorate con le castagne intere messe da parte.


Se siete arrivati a leggere fino qui, significa che... avete trovato il gatto! Bravissimi!


Questa ricetta partecipa al 100% GLUTEN FREE FRI(DAY) di Gluten Free Travel and Living...

I Love Gluten Free (FRI)DAY – Gluten Free Travel & Living

... e al contest "Una lenticchia tira l'altra" del blog Kucina di Kiara.


martedì 25 novembre 2014

Crambol di pere d'emergenza con cacao e arachidi

Tardo pomeriggio di una domenica qualunque.
"Ho voglia di qualcosa di dolce."
"Abbiamo un pacco di biscotti all'olio d'oliva e una tavoletta di cioccolato fondente."
"Nooo... Io ho voglia di un dolce tuo."
"Amore, temo che non abbiamo niente, di mio..."
"Non potresti farmene uno? Ti prego."
E spara il suo colpo migliore, quello che non fallisce mai.
Gli occhi da cerbiatto.
"Va bene, amore. Dammi un po' di tempo, però..."
E mo che m'invento??
Come al solito, di tutte le ricette di dolci facili e veloci che ho raccolto negli anni non me ne viene in mente neanche una.
Solo il Branco di neuroni selvaggi che scorrazzano nel mio cervello come cavalli nella steppa mi può aiutare.
"Sono in emergenza! Devo fare un dolce prima di subito! Una cosa veloce! Niente impastare, lievitare e roba simile! E niente corse al supermercato in cerca di ingredienti strani!"
Il neurone di guardia mi lancia un'occhiata, stappandosi una birra coi denti.
'Na robba veloce? Dentro ar frigo che c'hai?
"Qualche uovo, un pezzetto di burro, una mela, un paio di pere, un po' di latte..."
Aho', stai messa proprio bbene! E dentro a quer cassetto ando' c'hai la robba bbona?
"Le solite cose... farina, zucchero, cacao, frutta secca, spezie..."
Alt. Nun me di' più gnente. Me basta così. E mo apri l'orecchi e stamme bene a senti'.
Pija er burro e pesalo, e po' fallo a pezzetti e mischialo cor doppio de farina, la metà de cacao e un po' de più de zucchero de canna, e buttace dentro pure 'n po' de que'e spezzie che sennò te scadono. Faje tutte briciole, mettece un po' de que'e noccioline americane pe' fallo croccantino e ficca tutto ner frigo.
Ner mentre pija du' pere, sbucciale e tajale a pezzi e mischiale co' 'n artro po' de zucchero de canna e de cannella e de maizzena.
Mettile dentro a 'na teja cor briciolame sopra, ficca in forno pe' 'na mezzora e c'hai er crambol d'emergenza pe' tu' marito.
E si po' nun je piace portacelo a noi, che qua se magnamo tutto!

Crumble di pere con cacao e arachidi



Ingredienti per 2 persone (volendo, anche 3):
Per il crumble:
80 g di farina 00
20 g di cacao amaro in polvere
50 g di zucchero di canna demerara
1 cucchiaino di "4 spezie" (vedi qui)
un pizzico di sale
40 g di burro freddo a pezzettini
20 g di arachidi tostate sgusciate e tritate grossolanamente al coltello
Per il ripieno:
2 pere mature ma sode
1 cucchiaio di zucchero di canna demerara
1 cucchiaino di cannella in polvere
mezzo cucchiaino di amido di mais

Preparazione:
Crumble
Mescolate bene in una ciotola la farina e il cacao setacciati con lo zucchero, la polvere "4 spezie" e il sale.
Unite il burro e sfregate il tutto con la punta delle dita fino a ottenere un composto bricioloso.
Aggiungete le arachidi, coprite la ciotola e mettete in frigo mentre preparate il ripieno.
Ripieno
Lavate e sbucciate le pere, tagliatele a pezzetti e disponetele in una pirofila unta con poco olio.
Mescolate in una ciotolina lo zucchero, la cannella e l'amido di mais setacciato.
Versate sulle pere e amalgamate bene il tutto con un cucchiaio.
Ricoprite le pere con il crumble, infornate per 30 minuti a 180° e gustate tiepido.


Anche le foto sono d'emergenza... Qualcuno aspettava armato di cucchiaio! ;o)

venerdì 21 novembre 2014

Zuppa di castagne e fagioli borlotti

Non dovremmo cedere a chi ci provoca.
Ma a volte è terribilmente difficile.
Io non ci sono riuscita.
Sono stata provocata.
E mi sono lasciata trascinare.
Un post.
La zuppa di ceci, marroni e nocciole tostate.
Commenti entusiastici di alcuni dei miei venticinque lettori, bontà loro.
E un commento provocatorio.
Io faccio una zuppa con i fagioli e le castagne...
Ho fatto finta di  niente.
Un altro post.
La zuppa di castagne e piselli secchi.
E di nuovo quella provocazione.
Le castagne io le metto nella zuppa di fagioli...
Non ce l'ho fatta.
Ho ceduto.
La zuppa di fagioli con le castagne la dovevo conoscere anch'io!
E dopo averla conosciuta mi sono posta una domanda.
Ma in fondo, cedendo alla provocazione, ho sbagliato veramente?

Zuppa di castagne e fagioli borlotti



da un'idea provocatorissima di Stefania

Ingredienti per 2 persone:
500 g circa di fagioli borlotti con il baccello (250 g circa da cotti)
1/2 gambo di sedano
1/2 carota
1/2 cipolla
le estremità superiori di un bulbo di finocchio (gli spuntoni verdastri con le barbe attaccate, che di solito si tagliano e si scartano)
1 foglia di salvia
2 foglie di alloro
300 g di marroni (peso a crudo)
1 scalogno
1 cucchiaio di olio extravergine d'oliva
peperoncino tritato
1 cucchiaio circa di ciuffetti di finocchietto selvatico fresco
1 cucchiaino di timo secco
2 fette di pancetta arrotolata

Preparazione:
Sgranate i fagioli e metteteli in una pentola con il sedano, la  carota, la cipolla, le estremità del bulbo di finocchio private delle barbe, la foglia di salvia e una foglia di alloro spezzata. Coprite con acqua fredda, portate a bollore, abbassate la fiamma e lasciate sobbollire per circa 10 minuti.
Lessate le castagne, sbucciatele, privatele della pellicina interna e spezzettatele grossolanamente.
Unite in una pentola lo scalogno tritato, l'olio, il peperoncino e l'altra foglia di alloro spezzata a metà.
Fate appassire lo scalogno a fiamma moderata per qualche minuto, poi unite le castagne e lasciate insaporire per qualche altro minuto a fuoco basso e pentola coperta, mescolando spesso.
Aggiungete i fagioli, il finocchietto e il timo e coprite con il liquido di cottura dei fagioli, aggiungendo al bisogno altra acqua fino a coprire i fagioli.
Cuocete a fuoco basso per circa 20 minuti, poi aggiungete la pancetta tagliata a listarelle e continuate la cottura per altri 10 minuti.
Servite la zuppa calda, meglio se dopo averla fatta riposare per qualche ora.

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martedì 18 novembre 2014

La vera storia della "Torta di padre Pio", ovvero La torta di mele con il licoli al latte

"Pronto? Ciao, sono Franci!... Sì, tutto bene, e tu?... Senti, tua moglie è lì con te? No? Allora, per favore, dille che Herman resta a casa mia, così me lo lavoro ancora un po' per bene prima di passarlo a lei. Dille anche di procurarsi una frusta, perché a Herman piace essere frustato un paio di volte al giorno. Soprattutto la mattina, diglielo a tua moglie, mi raccomando, vedessi come si sveglia con una buona frustata! Dille che se dopo mangiato lo frusta come si deve poi lo vede gonfiarsi fino a raddoppiare di volume. E dille anche di farlo mangiare quando ha fame e di tenerlo bene al caldo, e poi vedrà che se lo cura come si deve Herman può durare per sempre!"


Circa un anno prima di questa telefonata.
"Ciao, Franci, ti ho portato un regalo e sono sicura che ti piacerà moltissimo!"
L'amica mi consegna un bicchiere di plastica avvolto in un pezzo di alluminio dal quale straborda, davanti ai miei occhi sbalorditi, un blob appiccicoso e pieno di bolle.
"Su questo foglio c'è scritto come usarlo per fare la torta di padre Pio, unendo un ingrediente al giorno per dieci giorni. Alla fine lo dividi in quattro parti, tre le regali e con una fai la torta. Appena l'ho visto ho subito pensato a te!"
Chissà come mai!
Porto a casa il blob e seguo alla lettera le istruzioni del foglio.
Versare il blob in una ciotola, coprire con alluminio, unire zucchero, latte e farina, il giorno dopo mescolare, ripetere dopo tre giorni, il decimo giorno dividere il blob in quattro parti e unire a una uova, farina, zucchero, latte, olio, mele, noci, vanillina e una bustina di lievito. Infornare, cuocere, sfornare, servire, mangiare. Regalare le altre tre parti di blob.
La torta, in verità, non è male. Ma possibile, mi chiedo, che per fare una torta di mele servano dieci giorni e tutto questo lavoro?
E poi, che c'entra padre Pio?


Il giorno dopo indago su Google.
E scopro quanto segue.
Primo: padre Pio non c'entra niente.
Qualcuno in rete avanza l'ipotesi che si tratti di una mera operazione commerciale, tendente a legare il nome del santo a qualcosa di molto popolare, al fine di alimentare il marketing che ruota intorno alla sua figura.
Secondo: il blob appiccicoso e schiumoso è un lievito che si nutre di farina, latte e zucchero.
Terzo: gli anglosassoni ne vanno pazzi e gli hanno dedicato un sito Internet, una newsletter e una pagina Facebook.
E chissà cos'altro ancora.
Quarto: il blob si chiama Herman the German e ama viaggiare per il mondo passando di mano in mano.
Diventato popolarissimo negli anni Settanta, l'uso più comune che se ne fa è quello di agente lievitante per una torta, chiamata Herman cake o più familiarmente Herman. Una cosiddetta torta dell'amicizia, dato che lo starter, ossia il nostro blob, viene riprodotto e moltiplicato allo scopo di essere regalato, creando così una vera e propria catena, accompagnato da un foglio contenente le istruzioni per curarlo e riprodurlo e la ricetta della torta.
Quinto: per fare la torta non servono dieci giorni. Tutto il lavoro da fare intorno al blob serve a ottenerne una quantità sufficiente a poterne regalare tre parti ad altrettante persone, trattenendone una per preparare la torta.
Sesto: il blob ha una durata indefinita, purché lo si nutra e lo si tenga nelle migliori condizioni.


Sono affascinata.
Irretita.
Stregata!
Davanti a me ci sono una torta di mele e tre vasetti pieni di blob, pronti a partire per il vasto mondo.
Tre vasetti.
Due.
Uno me lo voglio tenere.
Voglio saperne di più.
Voglio sperimentare e imparare.
Solo che adesso non ho tempo di farlo, e se continuo a nutrire Herman come da istruzioni, mi troverò ben presto con la casa invasa dal blob.
Infilo il vasetto nel congelatore e chiudo lo sportello.
Lo riaprirò dopo dieci mesi.


Per dieci mesi Herman è rimasto ibernato, imprigionato nel ghiaccio.
Il vasetto contenente il blob era la prima cosa che vedevo ogni volta che aprivo lo sportello del congelatore.
Prendi me!, sembrava che mi dicesse ogni volta.
E ogni volta la mia mano restava sospesa per un attimo...
Solo un attimo.
Lo sportello si chiudeva e Herman tornava nella sua buia, fredda e lunga notte.
Finché, un giorno...


Mattina del 13 gennaio 2014.
Raduno il branco di neuroni selvaggi che scorrazzano nel mio cervello come cavalli nella steppa e li spedisco in cerca di un'idea per il pranzo.
Uno di loro, all'improvviso, mi lancia una frase esplosiva come una bomba.
La bustina di lievito nell'Herman cake non serve... Se Herman è un lievito, deve potercela fare da solo a tirar su una torta...
Poi si volta e scompare nella nebbia.
Resto immobile e stordita per un istante.
Poi, fulmineamente, apro il congelatore e tiro fuori il vasetto con il blob.
"Preparati, Herman... Io e te stiamo per fare grandi cose!"


Per tre mesi Herman e io siamo stati inseparabili.
L'ho curato, nutrito, tenuto al caldo, mescolato.
Ho studiato, letto, cercato informazioni, sperimentato.
Il mio obiettivo era quello di risvegliarlo dal criosonno e renderlo attivo e forte abbastanza da far lievitare da solo una torta di mele.
Solo che... non sapevo come fare!
Con pochissime conoscenze sul lievito madre, ho imparato a rinfrescarlo come se fosse stato un licoli.
Ho eliminato lo zucchero dai rinfreschi per poter usare Herman in preparazioni salate.
L'ho conservato in frigorifero per diminuire la frequenza dei rinfreschi.
Ho provato a impastarlo e ho prodotto due panini immangiabili.
Poi, due panini commestibili.
Poi, due panini buoni.
Poi, un filoncino (che avete visto accompagnare la minestra verdissima).
Buono da morire.
E infine... la torta di mele!
Buona, alta, soffice, e con un sapore particolarissimo e mai gustato prima.
Il sapore di un obiettivo tenacemente perseguito e raggiunto nonostante i venti contrari!


La mattina del 22 aprile 2014 ho scoperto con sgomento che Herman era improvvisamente venuto a mancare durante la notte.
L'odore di aceto che emanava, purtroppo, non lasciava spazio né al dubbio né alla speranza.
Ho detto addio al mio compagno di esperimenti versando lacrime furtive, mentre lo lasciavo andare per sempre nello scarico del lavandino della cucina.
Avrei tanto desiderato avere un altro Herman.
Gli anglosassoni se lo fanno da soli, mescolando zucchero, latte e farina e usando come starter il lievito di birra.
Ma io, usare il lievito di birra per produrre Herman, giammai.
L'unica possibilità, aspettare che un altro Herman bussasse alla mia porta.
Oppure...


31 maggio 2014.
Nel corso del primo Pasta Madre Day tenutosi in Palude, il marito adotta Orlando, il licoli che avrebbe successivamente prodotto le focaccine integrali alle erbe e doppia uva e la focaccia ripiena in padella, oltre a un buon numero di pizze e di filoni.
Ho cominciato così a studiare e sperimentare il lievito naturale liquido in varie preparazioni salate.
Ma ogni volta che pensavo alla possibilità di usarlo per un lievitato dolce mi tornavano in mente Herman e il suo particolarissimo aroma, e quella fantastica torta di mele che mi mancava tanto.
Sarebbe meraviglioso se avessi di nuovo il mio Herman per fare i dolci...


Io ho una teoria: quando si pone un problema, a volte la mente ci offre la soluzione senza che noi nemmeno ci accorgiamo che la stava cercando.
Nel caso di Herman e dei lievitati dolci, ci ha pensato il Branco!


26 settembre 2014.
Mentre preparo la colazione, un neurone si avvicina di soppiatto e mi sussurra qualcosa in un orecchio.
Herman è fatto di batteri che mangiano latte, farina e zucchero, no? Usa licoli e yogurt come starter e avrai il tuo Herman!



Dodici ore dopo, Hermando bubblava e schiumava allegramente in un vasetto di vetro appoggiato sul coperchio della macchina del pane, sotto i miei occhi amorevoli, stupefatti e felici.
Ventiquattro ore dopo, con l'animo pieno di gioia ed emozione, mangiavo finalmente la

Torta di mele a lievitazione naturale con licoli al latte



questa non è la ricetta tradizionale che accompagna Herman,
ma la mia personale variante
elaborata mettendo insieme la ricetta tradizionale italiana,
la ricetta tradizionale inglese e americana
(entrambe facilmente reperibili in rete)
e le ricette di tutte le torte di mele che ho preparato nella mia vita

Ingredienti per uno stampo rettangolare di 25x19 cm:
2 mele golden
succo di limone
mezzo cucchiaino di cannella in polvere
125 g di zucchero di canna demerara
buccia grattugiata di 1 limone non trattato
2 uova
160 g di Herman (regalato o autoprodotto)
50 g di latte
50 g di olio extravergine d'oliva delicato
200 g di farina 00
50 g di noci
50 g di uvetta

Preparazione:
Mettete l'uvetta a mollo in acqua tiepida per farla rinvenire, poi scolatela, strizzatela, tamponatela con carta da cucina, infarinatela, scuotete l'eccesso di farina e lasciatela da parte.
Mentre l'uvetta rinviene, lavate e sbucciate le mele, tagliatele in 8 spicchi, tagliate ogni spicchio in fettine non troppo sottili, cospargetele con la cannella e il succo di limone e tenetele da parte.
In una ciotola ampia mescolate lo zucchero e la buccia di limone sfregando bene con la punta delle dita, finché lo zucchero non sia tutto impregnato dell'olio essenziale contenuto nella buccia.
Aggiungete le uova e montatele con le fruste elettriche fino a ottenere un composto chiaro e spumoso.
Unite Herman e, sempre sbattendo, l'olio e il latte.
Aggiungete la farina setacciata, poco per volta, e amalgamatela bene al composto.
In ultimo unite le noci, l'uvetta e le mele e mescolate bene il tutto.
Versate il composto nello stampo imburrato o ricoperto di carta da forno, copritelo con pellicola e lasciatelo lievitare. In teoria dovrebbe lievitare fino a raddoppiare di volume, ma il peso delle mele, delle noci e dell'uvetta lo impedisce. Conoscendo i tempi di "lavoro" di Herman, ho lasciato lievitare l'impasto 6 ore e mezza (con una temperatura in casa di 20-21 gradi; 4 ore quando ce n'erano circa 25; tutta la notte in inverno, quando la temperatura in cucina scende intorno ai 16-17 gradi).
Cuocete la torta in forno statico preriscaldato a 180° per 30 minuti. Fate la prova stecchino: se il dolce è cotto ma la superficie è ancora chiara (cosa probabile se lo fate basso come il mio) alzate di un livello la griglia del forno e continuate la cottura per circa 5 minuti o poco più, o comunque fino a quando la torta si colora in superficie. Non prolungate la cottura, o la torta si asciugherà troppo.
Sfornate, fate raffreddare per 5 minuti, estraete la torta dallo stampo e lasciatela raffreddare completamente su una gratella per dolci.
Anzi, no: mangiatevela ancora calda e gioite!


Se la storia di Herman vi ha intrigato, avete due possibilità.
La prima è quella di aspettare che qualcuno si presenti a casa vostra con un bicchierino di blob appiccicoso e un foglio di carta contenente le istruzioni e la ricetta.
La seconda è quella di crearlo come ho fatto io.
In teoria, mescolando farina, latte e zucchero dovrebbe essere possibile avviare una fermentazione come avviene per il comune lievito naturale.
Io ho preferito usare uno starter, cioè un concentrato di batteri già belli e pronti a lavorare per me.

Ingredienti per creare il lievito naturale al latte:
1 cucchiaino di licoli (pasta madre liquida)
1 cucchiaino di yogurt bianco al naturale (appena fermentato se lo fate in casa, con la data di scadenza più lontana possibile se lo comprate)
1 cucchiaino di farina manitoba (la stessa farina che uso per rinfrescare il mio licoli)
1 cucchiaino di latte
1 cucchiaino di zucchero
L'unità di misura nel caso di Herman non è il peso ma il volume. Se li avete, usate i misurini americani, o qualsiasi contenitore graduato di piccole dimensioni.

Come procedere:
Mescolate energicamente tutti gli ingredienti in un vasetto di vetro, senza formare grumi. Otterrete un composto piuttosto fluido.
Lasciate il vasetto scoperto, o coperto con un telo leggero, a temperatura ambiente in un luogo riparato.
Dopo 4 ore aggiungete:
1 cucchiaino di farina manitoba
1 cucchiaino di latte
1 cucchiaino di zucchero
e mescolate energicamente.
Ripetete dopo altre 4 ore (ma non è fondamentale rispettare alla lettera le 4 ore, possono essere anche 3 o 5).
Dopo circa 12 ore dall'inizio del processo dovreste iniziare a vedere una o due bollicine sulla superficie del composto, segno che la fermentazione si è avviata.
Sempre tenendo il vasetto scoperto o coperto con un telo leggero a temperatura ambiente, proseguite aggiungendo ogni tanto farina, latte e zucchero in ugual volume. Decidete voi ogni quanto nutrire il vostro lievito, tenendo presente che con il passare del tempo i batteri aumenteranno e impiegheranno sempre meno tempo a metabolizzare il nutrimento che gli darete, se lo dosate sempre nella stessa quantità.
Dopo 24 ore dall'inizio del processo vedrete il lievito iniziare a gonfiarsi e aumentare di volume (procuratevi un contenitore di dimensioni adeguate, perché l'ho visto coi miei occhi triplicare!).
Una volta finita la fase di fermentazione più "spinta", il lievito si affloscerà partendo dal centro della superficie, per poi sgonfiarsi e ritirarsi in un mare di schiuma, implorandovi di nutrirlo... ma continuerà comunque a fermentare, anche se in maniera non così vistosa.
A questo punto avrete un lievito forte abbastanza da mettersi a lavorare sul serio.
Per usarlo, nutritelo e aspettate che si gonfi fino almeno a raddoppiare di volume. Se il lievito dovesse invece andare oltre e sgonfiarsi... beh, a me è successo diverse volte, ma l'ho usato lo stesso e ha sempre fatto il suo dovere! ;o)

Come conservare il licoli al latte:
Le istruzioni di Herman dicono chiaramente di non mettere il lievito in frigo. In realtà nel frigo, e nel congelatore, ci può anche stare, purché per breve tempo: qualche giorno nel frigo (se doveste allontanarvi da casa e fosse impossibile nutrirlo), un po' di più nel congelatore... ma non lasciatecelo per dieci mesi, o avrete serie difficoltà a riportarlo in attività.
L'ideale è tenerlo a temperatura ambiente, coperto con un panno leggero, in un luogo pulito e riparato, nutrendolo quando la fermentazione rallenta (ricordate la proporzione: pari volume di farina manitoba, latte e zucchero) e mescolandolo energicamente con una frustina una o due volte al giorno.
Tenete presente che la fermentazione è più veloce quando le temperature si alzano. Questo implica che il lievito va nutrito più spesso, e potreste ritrovarvi in breve tempo con una quantità di lievito che eccede ampiamente il vostro bisogno.
Per questa ragione, io preferisco in realtà non conservarlo affatto, producendolo solo quando ho in mente di usarlo e soltanto nella quantità richiesta dalla ricetta che voglio realizzare.


Non tutte le caratteristiche peculiari di Herman sono evidenti se lo si usa per una ricetta come questa. Il peso stesso dell'impasto, con tutte le mele, le noci e l'uvetta (non ci sono andata certo leggera!), impedisce che si gonfi, se non in cottura.
All'assaggio però si sente subito che c'è qualcosa di diverso.
Nonostante la presenza del lievito naturale e dello yogurt come starter, nel sapore del prodotto finale non si rileva la minima acidità. Al contrario, il lievito conferisce alla torta un gusto particolare e gradevole. Il lievito stesso non ha un odore, né un sapore, acido.
Adoro questa torta di mele, davvero.
Ma una volta ricongiunta al mio adorato lievito, non potevo fermarmi all'Herman cake.
Ce la fate ad aspettare fino alla prossima puntata della Saga di Herman? :D

Herman, visto che sei un viaggiatore, che ne diresti di andare un po' in giro per i blog di cucina, passando da un computer all'altro? ;o)

Questa ricetta partecipa alla raccolta di Novembre 2014 di Panissimo, raccolta mensile ideata da Sandra e da Barbara e questo mese ospitata da Sandra di "Io sono Sandra".


venerdì 14 novembre 2014

Zuppa di castagne e piselli secchi

Nei commenti al post della frittata al forno coi peperoni e i fiori di zucca dibattevamo, io e alcuni dei nostri venticinque lettori, se fosse il caso di considerare belli i gatti certosini delle dirimpettaie, anche quando saltano sui muretti dei balconi altrui per papparsi le frittate al forno coi peperoni e i fiori di zucca.
Il dibattito si concludeva sostanzialmente a favore di tali gatti.
Ora vorrei aprire un nuovo dibattito, tra me e quelli dei nostri venticinque lettori che riterranno di parteciparvi.
Se sia cioè il caso di considerare ancora belli i gatti certosini delle dirimpettaie quando, scendendo nel proprio giardino per raccogliere la salvia e i fiori di zucca, si calpesti inavvertitamente un ricordo morbido e odoroso lasciato nell'erba dai suddetti gatti, lo si porti saldamente azziccato alla suola delle scarpe da esterno su per la scaletta e fino all'entrata della cucina, e si sia costretti a procedere all'immediato lavaggio degli abiti indossati nonché delle sopracitate scarpe da esterno e del pavimento del balcone della cucina, mentre all'interno della stanza la pentola con le cicerchie, dimenticata e lasciata incustodita sul fornello, tracima spandendo allegramente sul piano cottura l'acqua per la lessatura dei succitati legumi.
E mentre la lavatrice canta il suo ritmico, monotono ritornello, mentre la pentola continua a borbottare e a spargere acqua, nuovamente dimenticata a causa dell'improvvisa urgenza della scrittura del presente post, mentre Arturo da stamattina risulta latitante, dichiaro aperto il dibattito.

La pubblicazione della ricetta con le cicerchie, essendo stata quest'ultima eseguita in una giornata poco propizia per l'attività culinaria, viene rimandata a data da destinarsi.

Zuppa di castagne e piselli secchi



ricetta originale tratta da "Cucina Naturale"

Ingredienti per 4 persone:
350 g di marroni (peso a crudo e con la buccia)
2 cucchiai di olio extravergine d'oliva
1 scalogno
1 rametto di rosmarino
2 foglie di alloro
200 g di piselli secchi
1 cucchiaino di timo secco
1 litro di brodo vegetale
peperoncino in polvere
2-3 cucchiai di mandorle a lamelle

Preparazione:
Lessate le castagne, sbucciatele, eliminate la pellicina interna, spezzettatele grossolanamente e tenetele da parte.
Scaldate l'olio in una pentola dal fondo pesante e fatevi appassire lo scalogno, tagliato a fettine sottili, con il rosmarino e le foglie di alloro spezzate a metà.
Aggiungete le castagne e fatele insaporire a fiamma bassa per alcuni minuti.
Unite i piselli secchi, sciacquati e scolati, il timo sbriciolato, il brodo vegetale caldo, il peperoncino in polvere e cuocete finché i piselli saranno morbidi (i miei hanno impiegato un'ora). Eliminate il rametto di rosmarino prima che perda gli aghi.
Tostate le mandorle in una padella antiaderente dal fondo spesso per 4-5 minuti a fuoco medio. Quando saranno dorate e profumate toglietele dalla padella e fatele raffreddare in un piatto.
Quando i piselli saranno cotti, prelevate con un mestolo forato un po' di castagne e di piselli e metteteli da parte. Frullate il resto della zuppa con un frullatore a immersione fino a ottenere una crema liscia.
Versate la crema nelle fondine, disponete al centro i piselli e le castagne messi da parte e completate con un filo d'olio a crudo e le scaglie di mandorle.


Questa ricetta partecipa al 100% GLUTEN FREE FRI(DAY) di Gluten Free Travel and Living.

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martedì 11 novembre 2014

Cantucci di Prato

Pomeriggio di un giorno qualunque di qualche anno fa, sulla collina del Gianicolo, a Roma.
Nel Salone dell'American Academy, una ragazza bionda dall'aria simpatica si dirige verso di me, con una tazza di tè in mano.
"Hi! My name is Katherine!"
"Hi! My name is Francesca!"
Mi stringe la mano sorridendo.
Sgranocchiando un biscottino, mi racconta dei suoi studi di architettura del paesaggio, di quanto le piaccia soggiornare a Roma e di quanti stimoli la città le fornisca per il suo lavoro.
Mentre io e Katherine conversiamo e inzuppiamo biscottini nel tè, il Salone si popola.
Guardando oltre le spalle di Katherine, vedo arrivare borsisti, ospiti, collaboratori dell'Accademia, colleghi e lettori della biblioteca.
Alla spicciolata, a coppie, da soli o in piccoli gruppi, tutti entrano, si guardano intorno, lanciano gesti di saluto, si avvicinano al tavolo coperto dalla tovaglia bianca dove sono disposte in bell'ordine le tazze di porcellana, le teiere e il vassoio con i biscotti del giorno, e si servono di tè.
Poi si avvicinano al piatto dei biscotti e, con la più studiata noncuranza, sollevano il coprivassoio in vetro, arraffano quanti più biscottini sia possibile prendere senza dar l'impressione di essere maleducati, rimettono a posto il coprivassoio e si allontanano dal tavolo, cercando qualcuno con cui scambiare qualche parola.
Ben presto si incrociano lingue, voci e conversazioni, mentre alcuni, arrivando più tardi degli altri, rivolgono sguardi delusi al vassoio dei biscotti, ormai vuoto.
Katherine mi augura una buona serata e si avvicina a un gruppo di borsisti.
Io vado al tavolo e appoggio la tazza vuota, poi raggiungo una collega e insieme usciamo dal Salone, che si va pian piano svuotando dei suoi ospiti.
I borsisti tornano nei loro studi. La mia collega rientra nel suo ufficio.
Io mi preparo a lasciare l'Accademia, come ogni pomeriggio, e a far ritorno in Palude.
Il viaggio verso casa sarà lungo, ma io sono felice.
Felice perché so che il tè del pomeriggio, servito in tazze di porcellana bianca e accompagnato da biscotti fatti a mano e ogni giorno diversi, è un sogno per la maggior parte di coloro che lavorano fuori casa.
Felice e grata, con tutto il cuore, per questo momento di calda accoglienza, condivisione e convivialità, che in qualsiasi altro posto di lavoro sarebbe impensabile, e che si ripete quotidianamente lì, nel Salone dell'American Academy, sulla collina del Gianicolo a Roma.


Del luogo, dello spirito che lo anima e di coloro che lo vivono ogni giorno vi ho già raccontato.
Stai a vedere che adesso spunta fuori un altro libro? ;o)


Biscotti, scritto da Mona Talbott e Mirella Misenti, è il primo dei cookbook del Rome Sustainable Food Project. Raccoglie cinquanta ricette provenienti dalla tradizione americana, da quella siciliana e dall'esperienza dei molti cuochi e stagisti che si sono avvicendati all'interno della grande cucina dell'American Academy in Rome.
Ogni ricetta è preceduta da una piccola introduzione che ne racconta la provenienza o l'occasione per la quale il biscottino viene preparato.
In appendice c'è una breve nota su alcuni degli ingredienti utilizzati, tutti biologici, di stagione e per quanto possibile locali, e qualche utile suggerimento su tecniche e strumenti di pasticceria.
Le ricette sono divise in cinque categorie (Latte e Vino; Frutta seccaMiele, Agrumi e Spezie; MeringaCioccolato), ma ciò che le accomuna tutte è la dimensione dei biscotti:
"piccolini" - come un grande "espresso" romano.
Piccolini, da mangiarli in due o tre morsi soltanto.
Piccolini, affinché mangiarne uno non interrompa le conversazioni  tra gli studiosi di tante discipline, alla fine di un pranzo o di una cena.
E per poterli agevolmente appoggiare sul piattino in porcellana di una tazza da tè, durante una pausa dallo studio o dal lavoro, nel grande Salone dell'American Academy!


Posso affermare senza ombra di dubbio che questo è il mio cookbook preferito.
Quello che tengo sempre a portata di mano.
Quello di cui ho letto tutte, ma tutte le pagine, dall'introduzione all'indice.
Quello di cui desidero provare tutte le ricette.
Quello che ho regalato a più persone.
Quello di cui sono felice di aver conosciuto le autrici.
Quello dal quale vi offro i miei biscottini preferiti!

Cantucci di Prato

Teniamo il bar costantemente fornito dei Cantucci di Prato, la cui ricetta è tratta dall'incredibile Zuni Cafe Cookbook. Ogni regione d'Italia ha la propria versione di questo tipo di biscotti, e questa è la nostra ricetta base.


ho fatto qualche modifica

Ingredienti per circa 60 biscottini:
110 g di mandorle con la pellicina
175 g di farina 00
10 g di farina di mais fioretto
2 g di lievito per dolci
2 g di sale
2 g di semi di anice
60 g di burro molto morbido (ma non fuso)
100 g di zucchero semolato
1 uovo medio a temperatura ambiente
10 ml di liquore Strega

Preparazione:
Spargete le mandorle su una teglia da forno in uno strato uniforme e tostatele per 12-15 minuti in forno preriscaldato a 150°.
Lasciatele raffreddare, poi tagliatele a metà con un coltello.
In una ciotola mescolate la farina setacciata con il lievito, la farina di mais, il sale e i semi di anice.
In un'altra ciotola mescolate a lungo il burro e lo zucchero (senza sbattere, non dovete montarlo). Io ho usato un cucchiaio di legno.
Aggiungete l'uovo intero e mescolate bene per amalgamarlo alla crema di burro e zucchero.
Aggiungete il liquore e amalgamate bene il tutto.
Unite un po' per volta gli ingredienti secchi e infine le mandorle, mescolando delicatamente con il cucchiaio di legno.
L'impasto sarà morbido e appiccicoso. Lasciandolo nella ciotola dategli la forma di un panetto con il cucchiaio di legno, coprite la ciotola con la pellicola e mettetela in frigo fino al giorno dopo.
Dividete l'impasto in due parti uguali e modellate ogni parte in un rotolo di circa 2,5 cm di diametro. Lavorate velocemente per non riscaldare il burro con le mani (altrimenti il rotolo diventa appiccicoso) e cercate di infarinare il meno possibile il piano di lavoro (il tappetino di silicone è un mano santa!).
Trasferite i due rotoli sulla leccarda del  forno coperta di carta e metteteli in frigo per 30 minuti, dopodiché infornateli per 20 minuti in forno statico preriscaldato a 180°.
Sfornateli e lasciateli raffreddare completamente, poi tagliateli a fette di 1 cm circa con un coltello seghettato.
Adagiate ogni biscottino su un lato nella leccarda e rimetteteli in forno caldo a 180° per 8-10 minuti. Non devono comunque scurirsi.
Si conservano in una scatola di latta fino a un mese (... se ci arrivano).


All'Accademia Americana li ho sempre gustati con il tè.
Da quando ho la ricetta e me li preparo da sola, ho cambiato il liquido nel quale pucciarli... ;o)


Dedico questa ricetta a tutti coloro i quali, in tempi diversi e in luoghi diversi, hanno assaporato con me questi biscottini. :o)

venerdì 7 novembre 2014

Zuppa di ceci, marroni e nocciole tostate

Una domenica mattina d'autunno, il Cece e la Castagna si incontrarono nella cucina di Gaudio.
Si videro, si guardarono, si piacquero.
Gaudio capì e li lasciò soli in una pentola dal fondo pesante.
A fuoco lento, il Cece e la Castagna si parlarono, si conobbero, si amarono.
Alla presenza del Rosmarino e dell'Alloro e al cospetto del Peperoncino e dell'Olio Extravergine d'Oliva, il Cece e la Castagna si sposarono.
E sobbollendo insieme piano piano, fecero nascere aromi e profumi di Nocciola Tostata.
E così vissero per sempre, felici e contenti.
Anzi... cum gaudio magno!

Zuppa di ceci, marroni e nocciole tostate



Ingredienti per 2 persone:
2 cucchiai di olio extravergine d'oliva
peperoncino tritato
1 rametto di rosmarino
1 foglia di alloro
250 g di ceci lessati
300 g di marroni (peso a crudo; al netto dopo averli cotti e puliti, 130 g)
20 g di nocciole tostate
sale

Preparazione:
Incidete la buccia dei marroni con un coltello affilato e arrostiteli (io li ho cotti in forno a 200° per circa 40 minuti).
Eliminate la buccia e la pellicina e tagliateli a pezzi grandi più o meno quanto i ceci.
Tritate grossolanamente le nocciole al coltello.
In una pentola dal fondo pesante unite l'olio con il peperoncino, il rametto di rosmarino e la foglia di alloro spezzata a metà e rosolate per qualche minuto.
Aggiungete i ceci con il loro liquido di cottura e i marroni a pezzi e lasciate sobbollire per 30 minuti.
Eliminate il rosmarino e l'alloro e frullate circa un quarto della zuppa.
Versate il frullato nuovamente nella pentola, regolate di sale e mettete la zuppa nei piatti individuali.
Cospargetela con le nocciole tostate spezzettate, decoratela con un ciuffetto di rosmarino e servitela calda.


La zuppa è deliziosa, profumata e aromatica. Il sapore è lievemente dolce. Se non lo gradite, diminuite la quantità di castagne.

Questa ricetta partecipa al 100% GLUTEN FREE FRI(DAY) di Gluten Free Travel and Living.

I Love Gluten Free (FRI)DAY – Gluten Free Travel & Living

Con questa ricetta partecipo al contest "Ricette d'Autunno" del blog A tutto pepe.

martedì 4 novembre 2014

Torta Cioccopera... scientifica, sana e goduriosa!

"Amore, guarda! C'è Luca Montersino in televisione! Sei contento che ti sei preso l'influenza e sei rimasto a casa, così lo possiamo vedere insieme?"
Il marito borbotta qualcosa con voce cavernosa.
Nello studio televisivo, Luca Montersino sta per preparare, in diretta tv e in soli venti minuti, la Torta alle gelatine di frutta e crema pasticcera al lime e cioccolato bianco.
Ma prima mostrerà come preparare una ricetta velocissima, per noi che siamo a casa: il Plumcake variegato.
Ma mica uno normale, eh.
Uno specialissimo.
"Questo plum cake lo potete fare anche voi che siete a casa... Iniziamo mescolando la farina, lo zucchero e il lievito in una ciotola... lo facciamo con una frustina... Visto com'è facile?... Ecco, adesso formiamo un buco al centro della farina e versiamo le uova... E' facilissimo, non c'è bisogno di aggiungere liquidi, così lo potete fare anche voi che siete a casa... Aggiungiamo le uova e mescoliamo con la nostra frustina, raccogliendo la farina dal centro della ciotola e poi via via andando a mescolare verso i bordi... E' facile, lo potete fare anche voi che siete a casa... Mescoliamo e creiamo una cremina... ecco, vedete come si sta formando la nostra cremina? E' facile, così lo potete fare anche voi che siete a casa..."
Mentre Luca agita la frusta, mulinando a testa bassa dentro la ciotola, la conduttrice lo interrompe.
"Scusa, Luca, potresti dare anche l'indicazione di qualche dose, per loro che sono a casa?"
Lui risponde affabile, continuando a vorticare la frusta nella ciotola.
"E' facilissimo! Centosettanta grammi di uova..."
"E quante uova sarebbero?"
"Beh, sarebbero tre uova grandi, anzi un po' meno, perché un uovo grande pesa sessanta grammi. Oppure tre uova medie, anzi un po' di più, perché un uovo medio pesa cinquanta grammi. Senza il guscio, ovviamente... Ci sono, ci sono! Due uova grandi e uno medio! Così fa esattamente centosettanta grammi! Hai visto, amore? Se non è scienza questa...!"
"... e poi è facile, tutto il resto è duecentoventi, così lo potete fare anche voi che siete a casa: duecentoventi grammi di farina... duecentoventi grammi di zucchero..."
"Questo è facile davvero..."
Ma il meglio deve ancora venire.
E mi colpisce come un pugno in pieno viso.
Anzi, in pieno stomaco.
"... e adesso aggiungiamo un po' per volta duecentoventi grammi di burro fuso..."
"Cosa??? Duecentoventigrammidiburro?????"
"... poco per volta, così è più facile per voi che siete a casa..."
"Amore, ma hai sentito?? Duecentoventigrammidiburro!!!"
"... altrimenti non riusciremmo a incorporarlo bene con la nostra frustina..."
"Ha messo duecentoventigrammidiburro in un plum cake!!!"
"... E adesso, senza usare altri utensili, così è facile e lo potete fare anche voi che siete a casa, versiamo metà del composto in un'altra ciotola e uniamo il cacao e un po' di latte, perché il cacao addensa e noi lo sciogliamo con il latte, così è facile..."
"Duecentoventigrammidiburro in un solo plum cake!!!"
"... Ora fate attenzione, da casa, perché dobbiamo foderare lo stampo con la carta da forno, ma mica in modo normale... ma vedrete che è facile e lo potrete fare anche voi che siete a casa..."
"Io non ho mai usato duecentoventigrammidiburro per un dolce solo!!"
"... E ora inforniamo il plum cake e tiriamo fuori dal forno quello che ho preparato tre ore fa mentre nessuno mi vedeva... Ed ecco il nostro plum cake variegato, perfettamente riuscito!"

Mi dispiace, Luca.
Il tuo Plum cake variegato è uno dei più belli che abbia mai visto.
Una variegatura perfetta.
Una cupola così gonfia che sembra che tu l'abbia fatta esplodere con la dinamite.
Ma duecentoventigrammidiburro!
Non posso fare questo alle mie arterie.
Quindi, invece di un plum cake burroso e piccolo, mi faccio una torta grande e sana.
Senza burro, senza olio, senza latte e senza uova.
Con tanto cioccolato fondente e tanti ingredienti sani.
Scelti uno per uno tra i più sani e accostati tra loro scientificamente affinché tutto l'insieme sia sano.
Non voglio annoiare i miei venticinque lettori sciorinando le virtù nutrizionali dei singoli ingredienti, perché sono sicura che me li giocherei tutti se pubblicassi un post dal contenuto troppo scientifico.
Dirò soltanto che questa ricetta è stata presentata in televisione da Marco Bianchi, ed è in assoluto la più goduriosa ricetta sana che io abbia mai provato!
Grazie dal cuore, Marco!!!

Torta Cioccopera



ricetta originale di Marco Bianchi


Ingredienti per uno stampo rettangolare di 22x28 cm circa:
350 g di cioccolato fondente al 72 % di cacao
600 ml di latte di mandorla non dolcificato *
80 g di mandorle con la pellicina
2 pere grandi
1 cucchiaino di cannella in polvere
250 g di farina integrale (biologica!)
1 bustina di lievito istantaneo
100 g di zucchero integrale di canna (mascobado) *
90 g di amido di frumento
zucchero a velo vanigliato per decorare

* per questo ingrediente vedi qui

Preparazione:
Spezzettate il cioccolato e mettetelo in un pentolino insieme a 200 ml di latte di mandorla.
Ponete il pentolino in una pentola più grande contenente un po' d'acqua, in modo che l'acqua non tocchi il fondo del pentolino.
Su fuoco minimo e prestando attenzione a che l'acqua non bolla e non entri nel pentolino, lasciate sciogliere completamente il cioccolato mescolando ogni tanto con una spatola di silicone, finché il composto non sarà diventato omogeneo e cremoso.
Nel frattempo pestate le mandorle in un mortaio fino a ottenere una granella.
Lavate e sbucciate le pere (se non sono biologiche), tagliatele a pezzetti e mescolatele con la cannella.
Riunite in una ciotola ampia la farina integrale, la granella di mandorle, il lievito istantaneo, lo zucchero e l'amido di frumento, e mescolate il tutto con una frustina.
Formate una fontana al centro e versatevi il restante latte di mandorla, amalgamando delicatamente il composto.
Unite le pere e il cioccolato fuso e tiepido e mescolate delicatamente quanto basta per amalgamare il tutto.
Versate il composto nella tortiera rivestita di carta da forno e cuocete in forno statico preriscaldato a 180° per 50 minuti.
Sfornate e testate la cottura inserendo uno stuzzicadenti nella torta: deve uscire asciutto.
Sformate la torta dopo 5-10 minuti e fatela raffreddare su una gratella per dolci, eliminando la carta da forno.
Spolverate di zucchero a velo e servite la torta tagliata a quadrotti.


Con questa ricetta partecipo al contest "Ricette d'Autunno" del blog A tutto pepe.