martedì 29 settembre 2015

Chocolate banana bread, ovvero Plumcake di banane e cioccolato con esubero di banane

Si chiama bread, che in Inglese significa "pane".
Ma non è un pane.
E' un plumcake.
Che in Inglese significa "torta di prugne".
Ma non è una torta di prugne.
E' una torta di banane.
Ma non è fatta a forma di torta.
E' fatta a forma di pane.
Di pane americano.
Che è fatto a forma di plumcake.
E' per questo che il plumcake in Inglese si chiama bread.
L'unica cosa che non ho capito è cosa c'entrino le prugne!


La ricetta è di una semplicità disarmante.
Il sapore è di quelli che non si dimenticano, e che anzi si vorrebbe tornare a ricordare più e più volte.
L'unica accortezza è usare banane molto, ma molto mature: solo così tireranno fuori tutto il loro sapore.
Non gialle, né tigrate, né leopardate.
Devono essere al limite della decomposizione.
L'ideale sono quelle banane che compriamo e dimentichiamo nella fruttiera per una settimana o due.
Quando all'improvviso ce ne ricordiamo, ci troviamo davanti a banane che gridano pietà, così annerite e ammorbidite che a sbucciarle ci si disfano tra le mani.
E' superfluo aggiungere che così ridotte non le vuole nessuno.
E allora cosa ci facciamo, con questo esubero di banane?

Plumcake con banane e cioccolato



da un'idea di Martha Stewart

Ingredienti:
65 g di farina integrale biologica
120 g di farina 00
1 pizzico di sale
1,5 g di lievito istantaneo
3 g di bicarbonato
1 uovo + 1 albume
30 ml di olio extravergine di oliva
35 g di zucchero di canna semolato
35 g di zucchero mascobado *
2 cucchiaini di estratto liquido di vaniglia *
210 g di banane molto mature (2 banane grandi)
85 g di cioccolato al latte
zucchero a velo
per questo ingrediente vedi qui

Preparazione:
Mescolate in una ciotola le farine setacciate con il lievito, il sale e il bicarbonato.
In un'altra ciotola mescolate a bassa velocità l'uovo con l'albume, poi aggiungete l'olio, i due zuccheri, la vaniglia e le banane ridotte in purea con un passaverdure.
Sempre lavorando con le fruste a bassa velocità, unite le polveri e mescolate per pochi secondi, quel tanto che basta per amalgamare il tutto. Aggiungete il cioccolato a pezzetti e mescolate con una spatola per incorporarlo.
Versate il composto in uno stampo da plumcake e cuocetelo in forno statico preriscaldato a 160° per 35-40 minuti. Sfornate il plumcake, lasciatelo raffreddare per 5 minuti, sformatelo su una gratella e attendete il raffreddamento completo.
Servitelo dopo averlo spolverizzato con zucchero a velo, come accompagnamento al tè o al caffè del mattino o del pomeriggio.

venerdì 11 settembre 2015

Sky Wine&Food 2015 edizione Expo Sermoneta... e la ricetta della zuppa di fagioli dei monti Lepini

Sermoneta è una pietra preziosa incastonata nel gioiello dei monti Lepini.
Sermoneta è un piccolo e suggestivo borgo medievale costruito in cima a una bassa collina, affacciato sul mare e sulla Pianura Pontina.
Sermoneta è un gruppo di case arroccate, strette attorno al suo castello.
Sermoneta è un intrico di stradine dall'acciottolato liscio e consunto, testimone silenzioso del passaggio di molti secoli e di molti piedi.
Sermoneta è stata per due giorni la casa di Sky Wine, il 29 e il 30 agosto 2015.


Certi lettori che commentano sempre dal fondo stavolta non possono proprio lamentarsi di non essere stati informati per tempo!
Come avevamo preannunciato in questo post, nell'ultimo fine settimana di agosto il borgo di Sermoneta ha ospitato Sky Wine & Food, un'edizione speciale di Sky Wine collegata ad Expo Milano 2015 e dedicata all'universo godereccio che fa capo al gusto, nelle due declinazioni del bere e del mangiare, in particolare i vini e i prodotti della ricca e generosa terra pontina.
E indovinate chi era presente... a scopo di studio?? ;o)


Arriviamo a Sermoneta in un torrido pomeriggio di una torrida giornata di fine estate.
Lungo le stradine e nelle piazze del borgo le associazioni locali preparano piatti tipici della tradizione locale, mentre nei diversi punti di degustazione gli espositori ultimano l'allestimento degli stand. L'antica Loggia dei Mercanti, il vecchio Mulino di piazza del Cauto, la saletta dell'hotel Principe Serrone nei pressi della chiesa di San Michele Arcangelo e il Belvedere affacciato sul tramonto cominciano a popolarsi di gente che, mappa dell'evento in mano e tracolla col bicchiere serigrafato appesa al collo, segue il proprio itinerario di degustazione.
Nella tranquillità del pomeriggio iniziamo il nostro percorso dalla Loggia dei Mercanti dove, secondo la soffiata ricevuta da una voce amica, ci sono i dolci, e c'è pure il panettone salato farcito!
Ma mica soltanto quelli!
Accanto a uno stupendo e golosissimo panettone gastronomico farcito, tagliato a cubetti e ancora avvolto nel cellophane, troneggia un meraviglioso panettone al cioccolato che rivela al primo sguardo un'invitante, burrosa morbidezza. E mentre uno di noi, fatalmente attratto dalle bottiglie che occhieggiano da una cassetta all'altra estremità del  tavolo, si allontana per andare a curiosare tra le etichette, quell'altro di noi che è irresistibilmente attratto dai dolci (e che siamo sicuri che avrete riconosciuto!) si perde tra i sacchetti esposti sullo scaffale dello stand della pasticceria Mille Voglie di Sermoneta: crostatine di visciole, tra i dolci più tradizionali dei monti Lepini, biscotti al cioccolato, croccanti alle nocciole... e le localissime serpette sermonetane, dolcetti dalla forma e dalla storia particolare (di cui, forse, parleremo più in là, se va in porto un certo progetto; per il momento, quell'altro di noi ne ha comprato un sacchetto... a scopo di studio!).


E tra un assaggio di panettone e uno di Torpedino, piccolo e croccante pomodoro siciliano, ci ricongiungiamo davanti allo stand della Cantina Montecorvino, piccola azienda situata nei pressi dell'abbazia di Valvisciolo sui monti Lepini (qui potete vedere alcune foto della nostra visita alla cantina, a luglio scorso). Andrea, il simpaticissimo titolare dell'azienda, ci accoglie in amicizia con una calorosa stretta di mano, un torrente di chiacchiere e un calice di ottimo Petrara Chardonnay freddo, mentre sul suo tavolo ci salutano, allineate, alcune etichette della sua produzione, tre Chardonnay provenienti da altrettanti vigneti situati in luoghi diversi della provincia. Un unico vitigno, tre vini diversi, come diversi sono l'ubicazione dei vigneti di provenienza, l'esposizione, il microclima, la composizione e la profondità del terreno, l'età dei vigneti.


Lasciamo Andrea e i suoi Chardonnay e ci avviciniamo allo stand di un'altra azienda della provincia pontina, l'Azienda Agricola Monti Cecubi di Itri, attirati uno dai vini e l'altro (che vanta origini per metà itrane... eheheh!) dalla collocazione geografica della cantina... a ognuno il suo motivo di interesse! Ma presto il mezzoitrano di noi si appassiona al racconto delle origini dei vini cecubi, termine con il quale si indica non un vitigno ma un territorio ricco di vitigni autoctoni (dei quali, confesserà ben presto, non conosceva minimamente l'esistenza!) dai nomi coloriti ed evocatori: l'uva Serpe, il Cerzale, l'Abbuoto, il Ciciniello, il San Giuseppe, l'uva Pane, oltre alle varietà locali di Aglianico e di Falanghina. Un assaggio di delicatissimo Dracontion, il vino passito dell'azienda, e un pensiero che sgorga dal cuore: Non sarà il caso di programmare una visita a Itri... a scopo di studio? ;o)


Passando di vino in vino, ci colpiscono alcune etichette esibite con fierezza da altrettante bottiglie dell'azienda La Valle del Falco, situata ai piedi di Sermoneta. Due dei loro vini portano nomi importanti: Gelasio, Moscato secco, e Bonifacio, Moscato passito, evocano l'antica e illustre famiglia dei Caetani, duchi di Sermoneta e per secoli signori e dominatori delle terre pontine. Accanto a loro notiamo due vini la cui etichetta ha uno stile diverso: il Merlot e il Bianco Monte Corvino, Malvasia del Lazio, sono infatti prodotti e imbottigliati nella cantina della vicina abbazia di Valvisciolo.


Tra vini e ricotte, tra olive e confetture, il nostro sguardo curioso si sofferma su due cesti pieni di bottiglie nere dalle etichette colorate di giallo e di viola. Non vini, stavolta, ma liquori: Murta e Frenugu Areste, liquori rispettivamente di mirto e di finocchietto selvatico di Sardegna, prodotti dalla Bottiglieria Sanna di Magomadas, in provincia di Oristano. Un assaggio, ed è subito amicizia! Adottiamo Frenugu Areste e lasciamo la Loggia dei Mercanti, perché in piazza Belvedere, ribattezzata in questi giorni piazza Sky Wine, ci attendono i cooking show condotti da Burro&Bollicine!


Ma giunti al Belvedere, dove lo staff di Burro&Bollicine ha allestito una cucina per i cooking show, un angolo per la stampa e una postazione di lavoro, riceviamo una seconda soffiata dalla voce amica, che ci indica una porticina aperta nel seminterrato dell'edificio adiacente al gazebo dei cooking showSiete stati lì dentro? No?? Dovete assolutamente andarci... è pieno di formaggi!
Indovinate come è andata a finire? ;o)


Ci precipitiamo giù per i gradini consumati dal tempo ed entriamo in un locale che è un misto tra una grotta e un antro stregato. Impilate su un tavolo fanno bella mostra di sé le creature di Elio Testa, Mastro Affinatore di Formaggi, orgogliosamente presentate al pubblico da Bruno, che brandendo un coltellaccio ne stacca delle scaglie offrendole all'assaggio di un uditorio stupefatto, incredulo e sempre più folto. I formaggi vengono selezionati in tutta Italia, portati in terra pontina e affinati con maestria nel fieno, nelle erbe, nel vino e nelle vinacce, dove sviluppano aromi unici e incomparabili... Come non uscire dall'antro di Bruno senza un bel pezzo di toma piemontese erborinata affinata nel fieno e nella menta?


E come non accompagnare questo superbo formaggio con una confettura accuratamente scelta tra le decine esposte sullo stand della Locanda dell'Arcangelo di Rocca Massima? Tra confetture e gelatine di frutta e spezie, ci facciamo consigliare dalla gentile signora dello stand, che ci suggerisce l'abbinamento con la  Confettura di Susine "Cosciamonaca" alla Grappa. Comprato, portato a casa, assaggiato e promosso... cum gaudio magno!

Zuppetta di calamaro con vellutata di porcini

Usciamo sgomitando tra la gente che ormai affolla il piccolo locale e prendiamo posto in piazza Belvedere, accarezzati dai raggi ancora caldi del sole al tramonto. L'area dei cooking show è piena di spettatori e di passanti che compiono il loro percorso tra i vari punti di degustazione. Dietro ai fornelli di Burro&Bollicine si avvicendano gli chef dei ristoranti locali e si susseguono le preparazioni culinarie, offerte in degustazione al pubblico e accompagnate dai vini selezionati ancora una volta dall'esperto sommelier Elio Mazzocchi.

Tortelli con ripieno di burrata

Uno dopo l'altro, assaggiamo e apprezziamo il "Danno Povero", la Zuppetta di calamaro con vellutata di porcini, i Tagliolini fiori e gamberi con salsa al trombolotto e bottarga all'Armagnac, i Tortelli con ripieno di burrata e la Pizza dolce rovesciata con mele, crema pasticcera allo zafferano di Cori, caramello, cioccolato, granella di nocciole e fior di sale.

Iseno, della Condotta Slow Food di Cori-Giulianello, in "Danno Povero"...
ovvero la Verdura di zucchine in padella con pane di Rocca Massima

Durante il cooking show del ristorante Giardino del Simposio, a qualcuno di noi accade qualcosa che merita davvero di essere raccontato...
"Il trombolotto! Il trombolotto! Hai visto, amore?? Preparano un piatto con il trombolotto! Con il trombolotto! Hai visto?? Con il trom..."
"Sì, sì, ho visto. Preparano un piatto proprio con il trombolotto. Non ti agitare. Piuttosto, prima che il lettore dal fondo se ne esca con Aho', ma se pò sape' che è 'sto trombolotto?, magari potresti raccontare cos'è il trombolotto..."
"Il trombolotto! Il Citrus Limon Cajetani! Un limone selvatico autoctono di Sermoneta, risalente al Medioevo, che al Giardino del Simposio usano per preparare una salsa con olio d'oliva e quattordici erbe del sottobosco locale! Quattordici erbe! E noi stiamo per assaggiarlo! Stiamo per assaggiarlo!"
"Accipicchia, che buoni, questi tagliolini al trombolotto! Aspetta, aspetta, cos'è che dicono, ora? Ma dai, stanno per regalare al pubblico dei vasetti di trombolotto..."
"... E ora vogliamo regalarvi qualche vasetto del nostro condimento al trombolotto... Ma è difficile, voi siete tanti e non ne abbiamo per tutti... Farò così, dirò un numero, poi conterò le persone sedute e darò il vasetto allo spettatore corrispondente al numero... Quindici!"
La sorte assegna il vasetto col trombolotto a una bambina seduta nel settore accanto al nostro.
"... Un altro vasetto lo diamo al numero... ventitré!"
Una signora seduta proprio dietro alla bambina.
"Ma stanno toccando tutti a quelli seduti dall'altra parte! Anch'io voglio un vasetto!"
"... E quest'ultimo vasetto lo diamo... uuhh, com'è difficile... e che peccato non poter accontentare tutti... Lo diamo..."
Il qualcuno di noi fissa gli occhi in quelli dell'uomo con il vasetto in mano.
Lo voglio io! Lo voglio io! Lo voglio io!!!
"... lo diamo alla signora, ecco, un vasetto di trombolotto per lei!"
Lesta, la mano del qualcuno si protende ad afferrare l'agognato trombolotto, poi stende il braccio e lo alza dritto verso il cielo.
"Ce l'ho!!! Hai visto, amore??? L'ho chiamato ed è venuto da me!... Il mio tessssssssssoro!!!"
Cose che accadono soltanto sotto il cielo di Sky Wine! ;o)

Tagliolini fiori e gamberi con salsa al trombolotto
e bottarga all'Armagnac

Arriva il momento dell'ultimo cooking show. Riusciamo a conquistare due posti in prima di fila.
Uno di noi, per fotografare meglio; l'altro di noi... ehm, è chiaro il suo scopo, no? :D :D :D
E come dare torto all'altro di noi, mentre sotto le mani di Raffaele Pignataro prende vita una pizza condita con le mele e con un vario assortimento di ogni ben di Dio?

Pizza dolce rovesciata con mele, crema pasticcera allo zafferano di Cori,
caramello, cioccolato, granella di nocciole e fior di sale

E' sera quando lasciamo i nostri posti nell'area dei cooking show. In un attimo piazza Belvedere si riempie di tavoli, spuntati come dal nulla. Nella cucina attrezzata sotto il gazebo lo staff di Burro&Bollicine comincia a cucinare tra pentoloni e padelle, mentre nella postazione di lavoro di fronte al gazebo si affettano porchetta, salmone, pomodori e formaggio. Sotto le stelle della calda notte estiva tutta la piazza si trasforma in un allegro e variopinto bistrot. Una folla di gente gremisce la piazza, la scalinata e le vie adiacenti del piccolo borgo, passeggiando col bicchiere al collo, bevendo vino, mangiando panini e cavatelli caldi fino a notte inoltrata.
Sky Wine ci augura la buonanotte e ci dà appuntamento alla prossima edizione. Non sappiamo ancora dove si terrà, ma siamo certi di una cosa: sarà speciale, come solo Sky Wine sa essere!


A tutti i lettori che ci hanno seguito nel nostro lungo e godereccio viaggio attraverso l'enogastromia pontina e italiana proponiamo una ricetta che più lepina, tipica e tradizionale non si può, con la speranza che nonostante tutte le nostre chiacchiere, o forse proprio grazie a quelle, sempre più persone vengano a godersi i piaceri del territorio pontino, tra mare e collina.

Zuppa di fagioli dei monti Lepini


La zuppa di fagioli non è una zuppa.
E' LA zuppa.
L'unica che si brama anche nel più torrido giorno della più torrida estate.
L'unica su cui tutti sono sempre d'accordo.
Quella di cui non ci si stanca mai.
Quella che si prepara in tutte le case, in tutti i condomini, in tutte le strade e in tutti i quartieri di tutti i paesi dei monti Lepini.
Quella di cui esistono innumerevoli varianti, innumerevoli interpretazioni, innumerevoli combinazioni di ingredienti.
E in quanto sempre uguale e sempre diversa, non ne esiste la ricetta.
Le ricette possibili sono infinite.
Quella che vi presentiamo è una ricetta.
E neanche possiamo dire che sia la nostra ricetta.
Perché oggi l'abbiamo fatta così, e domani... chissà!


Ingredienti:
1 kg di fagioli borlotti da sgranare
1 costa di sedano
1 cipolla
1 carota
2 foglie di salvia
2 foglie di alloro, spezzate a metà
3-4 cucchiai di olio extravergine d'oliva
1/2 cucchiaino di semi di finocchio, pestati in un mortaio
1 costa di sedano, 1 cipolla e 1 carota per il soffritto, tutto tritato grossolanamente
peperoncino tritato, a piacere
1 cucchiaino di paprika affumicata
50 g di guanciale, tagliato a dadini
250 g di pomodori maturi
1 rametto di rosmarino
400 g di pane casareccio duro, tagliato a fettine sottili
olive di Gaeta
cipolla rossa a fette
in alternativa, si può omettere la paprika e usare della pancetta affumicata al posto del guanciale

Preparazione:
Sgranate i fagioli,  sciacquateli e metteteli in una pentola con il sedano, la carota, la cipolla, la salvia e l'alloro. Coprite con abbondante acqua fredda, portate a ebollizione, abbassate la fiamma e fate cuocere i fagioli a fuoco lento per 30-40 minuti o finché non saranno morbidi ma non sfatti, dopodiché eliminate tutti gli odori e tenete i fagioli da parte.
In un'altra pentola scaldate l'olio e versatevi i semi di finocchio pestati. Dopo 2 minuti unite il peperoncino e le verdure tritate per il soffritto. Fate cuocere a fuoco medio finché le verdure non saranno appassite, poi unite la paprika e il guanciale e fatelo rosolare bene.
Nel frattempo incidete a croce la buccia dei pomodori, sbollentateli in acqua bollente per 1 minuto, scolateli, spellateli e tagliateli a pezzetti. Uniteli al soffritto e fateli cuocere per qualche minuto.
Aggiungete i fagioli con l'acqua di cottura, unite il rosmarino e fate cuocere il tutto a fuoco basso per circa 30 minuti.
Tagliate le fettine di pane a quadratini e fate un primo strato di pane sul fondo di una ciotola bella grande, meglio se di vetro. Cospargete il pane con i fagioli e versate l'acqua di cottura in modo da impregnare il pane.
Continuate disponendo pane e fagioli a strati e bagnando via via il pane con l'acqua di cottura.
Lasciate riposare e raffreddare il tutto per qualche ora almeno, controllando l'assorbimento dell'acqua da parte del pane e versandone altra, poca per volta, man mano che la zuppa si asciuga. Smettete di aggiungere acqua quando vedete che il pane non la assorbe più (o quando sarà finita!).
Dopo alcune ore di riposo, mescolatela per bene in modo che anche lo strato superiore di pane si bagni uniformemente.
Servite la zuppa a temperatura ambiente (mai fredda di frigo!), con l'aggiunta di olive di Gaeta e cipolla cruda a fettine.
Ottima dopo diverse ore di riposo, insuperabile il giorno dopo!


A belli de casa, e mica ve ne potete anna' così! So' du' settimane che ve stamo a vota'... ma se po' sape' quer contest de Scai Cuc che fine ha fatto? Manco du' parole c'avete detto... macchessefaccosì??
Hai ragione, lettore!
Sky Cook si è concluso e il vincitore è stato proclamato e ha preso parte a Sky Wine in un modo specialissimo... che racconteremo nel prossimo post! ;o)

venerdì 4 settembre 2015

Bocconcini di grano duro con fichi e noci

Questo post viene pubblicato senza introduzione in modo che i lettori non perdano tempo a leggere scempiaggini e vadano di corsa al mercato più vicino a procurarsi gli ultimi fichi della stagione.

Bocconcini di grano duro con fichi e noci



ricetta originale di Simone Salvini
pubblicata su "Cucina Naturale"

Ingredienti per circa 36 biscottini:
20 g di noci sgusciate
80 g di zucchero di canna Demerara, biologico
250 g di semola rimacinata di grano duro, biologica o comunque di ottima qualità
5 g di lievito istantaneo
un pizzico di sale
scorza grattugiata di un limone non trattato
135 g circa di fichi, sbucciati e sminuzzati (tritateli al coltello, senza ridurli in poltiglia)
60 g di olio extravergine d'oliva

Preparazione:
Mettete le noci in un mixer insieme a un cucchiaio dello zucchero previsto dalla ricetta e tritatele finemente, ma senza polverizzarle.
Versatele in una ciotola ampia, macinate nel mixer il resto dello zucchero e unitelo alle noci.
Aggiungete nella ciotola la semola, il lievito setacciato, il sale e la scorza di limone e mescolate tutto con una frusta a mano, arieggiando bene la semola.
Unite 100 g di fichi, mescolate con una forchetta e versate l'olio.
Lavorate il tutto con la punta delle dita fino a intridere bene la semola. Otterrete un composto di grosse briciole umide. Stringete nel pugno un po' di composto: se si sgretola, unite un altro po' di fichi e amalgamateli al resto dell'impasto. Ripetete la prova finché il composto nel pugno non rimarrà compatto. Fate comunque attenzione a non inserire troppi fichi: l'impasto dovrà risultare morbido, ma non bagnato.
Compattate il composto in un panetto morbido, ma non elastico. Copritelo con pellicola e lasciatelo riposare in frigo per mezzora, massimo un'ora.
Formate con l'impasto delle palline di circa 15 g ognuna. Per farle tutte uguali, appoggiate un piatto su una bilancia e deponetevi sopra dei mucchietti di impasto prelevandoli con l'aiuto di due cucchiaini. Prendete un mucchietto per volta, compattatelo nel palmo della mano e arrotondatelo formando una pallina.
Sistemate tutte le palline su una placca rivestita di carta da forno e infornatele in forno statico preriscaldato a 180° per 12-14 minuti o finché i biscotti non saranno leggermente dorati. Sfornateli, lasciateli raffreddare su una gratella... e mangiateveli tutti!
Se proprio li dovete conservare, chiudeteli per bene in una scatola di latta. Ogni tanto apritela, infilateci dentro tutta la testa e inebriatevi degli aromi del limone, della semola, dei fichi e dello zucchero di canna.
Sublimi appena sfornati, con l'interno soffice e l'esterno croccantino, si ammorbidiscono con il passare del tempo. Il sapore, comunque, non ne risente!


Non è mia abitudine pubblicare ricette con ingredienti al limite della stagionalità.
In questo caso, però, devo fare un'eccezione, perché questi biscottini sono follemente buoni.
Li ho preparati una settimana fa, e prima ancora che finissero sono andata a caccia di altri fichi, perché dovevo assolutamente condividere la ricetta con i miei lettori.
Voi potete cercare gli ultimi fichi e preparare questi dolcetti subito, o potete salvare la ricetta e tenerla in serbo per la prossima estate.
Io invece non potevo permettere che il mondo rimanesse privo di una tale delizia per un anno intero!


Per qualche motivo a me ignoto (e prego chi potesse saperne più di me di illuminarmi su questo punto), durante il riposo l'impasto tende ad espellere l'olio. Durante la cottura però ogni traccia di olio scompare: i biscottini sono asciutti, assolutamente non unti e non sanno affatto di olio (purché ne usiate uno dal sapore delicato, s'intende).


Chi ci segue da più tempo sa che in casa GaudioMagno c'è qualcuno che ha il pallino degli ingredienti biologici.
Quel qualcuno, stavolta, ha fatto un confronto tra i due ingredienti indicati nella ricetta come biologici, cioè la semola rimacinata e lo zucchero di canna Demerara, e gli stessi prodotti non biologici.
Ebbene, aprite un sacchetto di semola rimacinata biologica, infilateci il naso dentro e aspirate profondamente.
Aprite anche un pacco di zucchero Demerara biologico, umido e scuro, annusate lungamente, prendete un pizzico di cristalli e fateli lentamente sciogliere sulla lingua.
Fate la stessa cosa con semola e zucchero non biologici, e capirete perché ho specificato biologico!


In conclusione (tanto ormai chi era uscito per andare a cercare i fichi sarà anche rientrato), un avvertimento necessario: questi biscottini creano dipendenza, e io mi sono già assuefatta!
Come farò senza i fichi fino all'anno prossimo... sigh!