lunedì 28 dicembre 2015

Una giornata al frantoio... e un pane profumato con l'olio novello


Qualche giorno prima di questa foto, una domenica soleggiata di novembre duemilaquindici.
Due foodblogger della Palude percorrono gli stretti vicoli di un paesino sui Monti Ernici.
Vico nel Lazio, settecentoventuno metri sul livello del mare, poche anime ad abitarlo tutto l'anno e una vista mozzafiato sulla Ciociaria.
I due foodblogger si dirigono al parcheggio di fronte a una delle porte di ingresso al paese.
Salgono in auto e via, verso la vallata.
La stradina che serpeggia tra gli olivi li conduce a un edificio di recente costruzione circondato dai campi, con le pareti bianche e il tetto in legno spiovente.
E' il frantoio culturale "Olivicola degli Ernici", dove passeranno le prossime ore a fare guardare come viene prodotto l'olio novello dei Monti Ernici.


"Ma perché frantoio culturale?"
"E' scritto qui, leggi: Chiamateci visionari, ma crediamo che la cultura sia alla base di un prodotto di qualità. Per questo il nostro è un frantoio culturale. Olivicola degli Ernici nasce dal bisogno di creare un luogo capace di trasmettere amore per l'olio e legame con il territorio. Oltre alla produzione dell'olio con macchinari all'avanguardia, un'area è dedicata alla cultura, alle degustazioni di olio, ai corsi. Tutto questo muove il nostro progetto."
"Interessantissimo. E guarda quante attività: corsi di formazione, eventi culturali legati sia al mondo olivicolo che al territorio, degustazioni guidate... e anche le visite al Museo dell'Olio "Pietro Capriati"! A proposito, dov'è questo museo?"
"In paese, nel frantoio medievale. Risale al 1100 e recentemente è stato restaurato ed è visitabile."
"Ehi, leggi qui! L'olio che producono è biologico! Hai capito, amore? Biologico! Non è..."
"... meraviglioso, sì, è me-ra-vi-glio-so! L'Olivicola degli Ernici gestisce centocinquanta ettari di terreno qui in zona, in parte recuperati e destinati alla produzione di olio extravergine di oliva, e sì, per la cura di tutti gli oliveti si impiegano i metodi dell'agricoltura biologica. Però qui al frantoio fanno anche molitura di olive per conto di terzi, quindi lavorano anche le olive dei produttori locali che non aderiscono alla loro rete. Ma hai intenzione di leggere dépliant per tutta la giornata? Stanno arrivando le olive, quindi ti suggerisco di preparare la tua attrezzatura da foodblogger e di seguirmi fuori!"


Uno con la macchina fotografica e l'altra con quadernino e penna a sfera, i due foodblogger della Palude si spostano all'esterno del frantoio, cercando un punto dal quale poter osservare senza intralciare il lavoro degli addetti alla produzione.
Il piazzale dove si svolgono le prime operazioni della molitura è pieno di grandi casse di plastica impilate. Al margine dell'area esterna è ferma un'auto, dalla quale alcuni uomini scaricano diversi sacchi pieni di olive, che vengono svuotati nelle casse più vicine. Ogni cassa viene pesata, quindi il contenuto viene rovesciato all'interno di una macchina che dapprima separa le olive da foglie e rametti, scartando quelle non idonee ad essere frante, e poi ne effettua il lavaggio e le avvia a un frangitore a martelli che le riduce in pasta, inglobando anche, attraverso l'operazione di frangitura, l'ossigeno necessario per l'avvio delle reazioni enzimatiche.
Chi scattando a raffica, chi scrivendo freneticamente, i due foodblogger della Palude seguono tutto il percorso delle olive. Le vedono salire e scendere sui nastri trasportatori, le vedono scomparire nel corpo rumoroso della macchina che soffia fuori foglie, piccoli rami e olive guaste per uscirne infine passando sotto un getto d'acqua, cadere nella vasca di raccolta del frangitore, e ridotte in pasta passare attraverso un tubo e scomparire misteriosamente al di là di una parete.
"Dentro, presto! Stanno andando alle vasche!"


I due foodblogger della Palude si precipitano nell'area coperta del frantoio appena in tempo per vedere la pasta di olive, spinta da una pompa, riversarsi all'interno della prima di sei grandi vasche in acciaio collocate una accanto all'altra. Sporgendosi al di sopra della prima vasca per spiare da uno sportellino di vetro, i due foodblogger intravedono all'interno una sorta di elica a pale che mescola la pasta di olive.


"Quella è una gramolatrice."
I due foodblogger della Palude si voltano di scatto, mentre alle loro spalle compare Franco, un uomo sorridente e gioviale.
"La gramolatrice rimescola la pasta di olive per un tempo che dipende dal tipo di oliva e alla temperatura controllata di ventisette gradi. Questa lavorazione permette che si sprigionino gli aromi prodotti da una reazione enzimatica chiamata lipossigenasi. Avvicinatevi!"
Franco apre una sorta di piccolo sfiatatoio posto sulla sommità della prima vasca.
"Ecco, da qui possiamo controllare i profumi sviluppati dalla gramola. Sentiteli anche voi!"
I due foodblogger aspirano voluttuosamente i sentori erbacei che salgono su dalla pasta di olive in lavorazione.
"La gramolazione serve anche a rompere i vacuoli, ossia le microvesciche che contengono l'olio, e a far aggregare le molecole di olio in gocce abbastanza grandi da permettere la successiva decantazione, in quella macchina laggiù. E ora, guardate, sta avvenendo il lavaggio automatico dell'attrezzatura che ha caricato la pasta di olive nella prima gramolatrice, comandato da un'elettrovalvola. Queste sei gramolatrici possono lavorare in parallelo, e ogni fase di lavorazione è comandata da quel computer che vedete al centro della sala. Seguitemi!"


Franco si avvicina a uno schermo collocato su una colonnina e lo tocca con un dito.
"Adesso sto mandando la pasta di olive contenuta nella prima gramolatrice al decanter, che è quel grosso cilindro che vedete là in fondo. Subito dopo la vasca verrà sottoposta a un lavaggio grossolano. Se però la partita di olive appena uscita dalla gramolatrice è di qualità scadente, effettuiamo un lavaggio a fondo... E prima di usare la gramolatrice per lavorare olive biologiche, beh, allora laviamo a fondo l'intero impianto, ossia l'intero frantoio!"
(E' superfluo precisare quale dei due foodblogger della Palude viene colpito maggiormente da quest'ultima informazione...)
"Nel decanter l'olio viene separato mediante centrifugazione dall'acqua di vegetazione delle olive e dall'acqua di processo che aggiungiamo noi alla pasta di olive che entra nel decanter per renderla meno vischiosa. L'acqua viene poi scartata, e si scarta anche la sansa, cioè il residuo solido delle olive. Ecco, vedete questi due tubi che escono dal decanter? Da uno esce l'olio e dall'altro l'acqua, mentre la sansa esce da un terzo tubo che la porta all'esterno del frantoio. E adesso andiamo a vedere l'olio!"


I due foodblogger della Palude seguono Franco che mostra loro un'altra macchina.
"Questa è una centrifuga verticale che elimina le ultime tracce di acqua presenti nell'olio. E ora..."
Un rivolo verde chiaro esce dal tubo collegato al macchinario, e nella vasca di raccolta posta al di sotto inizia a formarsi uno specchio di un verde sempre più intenso...


Al calar del sole il frantoio si riempie del va e vieni di chi porta le olive raccolte durante la giornata, di chi ritira i fusti colmi dell'olio appena prodotto, di chi si affaccia e sbircia dalla porta d'ingresso, e di chi, interessato e curioso, vorrebbe assistere alla molitura delle proprie olive.
Nella zona dedicata all'accoglienza si offre il pane fresco del forno del paese innaffiato con l'olio novello, mentre tutto l'edificio si va colmando dei profumi intensi e inebrianti delle olive spremute.
I profumi che i due foodblogger portano ancora nelle narici, nel viaggio di ritorno verso la Palude, insieme a due bottiglie di Ernico.
"Ricordo che da piccolo i miei genitori mi portavano al frantoio quando consegnavano le loro olive... In fondo al frantoio c'era un camino e noi ci abbrustolivamo il pane... e poi quando usciva l'olio nuovo io correvo lì con la mia fetta e ce la mettevo sotto..."
"Ora non si può certo fare, per ragioni igieniche. Però la bruschetta con l'olio novello ce la possiamo sempre preparare a casa... Anzi, sai che ti dico? Appena rientriamo mi metto a impastare il pane, e vedrai se non sarà profumato quanto l'olio novello!"


Filone rustico con farina integrale a lievitazione naturale



Ingredienti:
Per l'impasto
40 g di licoli (lievito naturale liquido; l'ho usato freddo di frigo e a due giorni dall'ultimo rinfresco, ma anche appena rinfrescato funziona benissimo!)
300 g di farina semintegrale (Mulino Marino)
100 g di farina integrale (Antiqua)
275 g di acqua
4 g di sale fino
2 cucchiai di olio extravergine d'oliva
1 cucchiaino di malto d'orzo fluido
Per la lavorazione e lo spolvero
semola rimacinata di grano duro

Idratazione: 70%

Preparazione:
Autolisi
Con una frusta a mano mescolate le farine in una ciotola, unite 220 g di acqua e mescolate grossolanamente: non dovete impastare, ma soltanto idratare la miscela di farine. Dovrete ottenere un composto grossolano e grumoso, senza farina asciutta sul fondo della ciotola. Copritelo con la pellicola e dimenticatelo per un'ora. Durante questo tempo avverrà la cosiddetta autolisi: nell'impasto grezzo comincerà a formarsi spontaneamente la maglia glutinica per effetto del contatto tra la farina e l'acqua, il che ci permetterà di risparmiare un bel po' di lavoro durante l'impastamento. I tempi dell'autolisi vanno da un minimo di 30-40 minuti a un massimo di 3-4 ore.
Stavolta, dopo aver tenuto la ciotola con l'impasto in autolisi a temperatura ambiente per un'ora circa l'ho messa per mezz'ora nel frigo, in modo da abbassare la temperatura dell'impasto in vista della lavorazione con la planetaria.
Impasto
Mescolate il licoli con il malto e un po' dell'acqua rimasta.
Versate il composto autolitico nella ciotola della planetaria e unite il licoli.
Montate la foglia e cominciate a impastare alla velocità minima, aggiungendo l'acqua rimanente un goccino per volta, senza aggiungerne altra finché la precedente non sarà stata del tutto assorbita dall'impasto: quest'ultimo dovrà essere tutto attaccato alla foglia e il fondo della ciotola pulito e asciutto. Insieme all'ultima acqua aggiungete anche il sale.
Aumentate la velocità della planetaria a 1 e aggiungete l'olio, versandolo a filo pochissimo per volta e facendolo scorrere lungo le pareti della ciotola. Aspettate sempre che l'olio versato venga assorbito dall'impasto prima di versarne altro.
Aumentate la velocità a 2 e impastate finché l'impasto non sarà diventato liscio e non riuscirete a tirarne un pezzetto senza che si stracci immediatamente. Se poi, allargando un pezzetto di impasto tra le dita, vedrete che forma il cosiddetto "velo", ancora meglio perché lo avrete incordato bene.
Quando sarete quasi a questo punto, potete sostituire la foglia con il gancio e impastare a 2 per uno-due minuti. Non eccedete, però, perché rischiate di rompere la maglia glutinica.
Durante la lavorazione controllate la temperatura del pane: se raggiunge i 26° fermatevi e raffreddate l'impasto in frigo per una mezzora, poi riprendetelo e continuate a lavorarlo.
Alla fine, rimettete l'impasto nella sua ciotola, copritelo con un piatto e lasciatelo riposare per 15 minuti.
Pieghe in ciotola
Versate un filino d'olio lungo la circonferenza della ciotola per ungere lievemente l'impasto lungo il bordo, se vi sembra necessario, e fate un giro di pieghe in ciotola (guardate questo video), poi coprite la ciotola con il piatto e lasciate riposare l'impasto per 10 minuti.
Effettuate un secondo giro di pieghe e un secondo riposo di 10 minuti, poi un terzo giro di pieghe, al termine del quale lascerete riposare l'impasto per 30 minuti, sempre coprendo la ciotola con il piatto.
Pieghe di rinforzo e pirlatura
Rovesciate l'impasto su un piano di lavoro spolverato di semola rimacinata e allargatelo, picchiettandolo con i polpastrelli lungo i bordi e al centro, fino a dargli una forma quadrangolare, e praticate un giro di pieghe di rinforzo come mostrato in questo video (fate tutto come nel video, senza però ribaltare l'impasto dopo il giro di pieghe e senza riporlo ogni volta a riposare nella ciotola).
Coprite l'impasto con la ciotola rovesciata e lasciatelo riposare per 30 minuti.
Praticate un secondo giro di pieghe di rinforzo e un secondo riposo di 30 minuti, sempre coprendo l'impasto con la ciotola, poi un terzo giro di pieghe e una pirlatura, come spiegato in questo video.
Ora potete scegliere se mettere l'impasto in frigo per la maturazione e rimandare formatura, lievitazione e cottura al giorno dopo, oppure se formare subito il filone, aspettare che lieviti e cuocerlo, oppure ancora se formare il pane e metterlo in frigo per la maturazione già bello formato, pronto a lievitare... il giorno dopo!
Se decidete di mettere l'impasto in frigo per la maturazione e rimandare formatura, lievitazione e cottura al giorno seguente, subito dopo la pirlatura depositate l'impasto nella ciotola, coprite con la pellicola e mettetelo nella parte più fredda del frigo. La mattina seguente fate tornare l'impasto a temperatura ambiente, poi rovesciatelo sul piano di lavoro e formatelo.
Formatura
Per formare il pane a filone, trasferite l'impasto su un piano di lavoro spolverato con la semola rimacinata, staccatene un pezzettino che userete come spia di lievitazione e allargate il resto dell'impasto delicatamente con i polpastrelli formando un rettangolo con il lato corto rivolto verso di voi.
Ripiegate gli angoli superiori del rettangolo verso il centro fino a unirli e cominciate ad arrotolare il rettangolo partendo dall'alto, serrando bene l'impasto in basso con i pollici (se non serrate bene l'impasto, il rotolo in formazione incorporerà aria che farà poi "srotolare" la fetta!) mentre con il palmo delle mani accompagnate il rotolo che state formando senza però pressarlo né schiacciarlo.

Fotografie di un altro impasto

Una volta arrotolato l'impasto, ruotatelo di 90° portando la piega di chiusura verso l'alto, allargatelo di nuovo con le dita, delicatamente (farà un po' di resistenza e lo sentirete più duro e sodo sotto le mani), e arrotolate nuovamente nello stesso modo.

Fotografie di un altro impasto

Sigillate bene la chiusura del rotolo strusciandola contro il piano di lavoro e deponetelo in uno stampo da plumcake, nel quale avrete già steso un canovaccio pulito e abbondantemente spolverato di semola, con la chiusura rivolta verso l'alto. Spolverate generosamente di semola anche il rotolo, dopodiché copritelo ripiegando i lembi del canovaccio e lasciatelo lievitare finché non sarà raddoppiato di volume.
Se decidete di rimandare la lievitazione e la cottura al giorno seguente, infilate lo stampo con l'impasto formato e coperto dal canovaccio in una busta di plastica, chiudetela bene e riponetela insieme alla spia di lievitazione nella parte più fredda del frigo fino al giorno dopo, quando procederete con la lievitazione e la cottura.
Cottura
Accendete il forno al massimo, con una teglia in ferro (non antiaderente, perché il rivestimento antiaderente non resiste alle alte temperature) sul fondo. Ponete una griglia sul livello centrale e appoggiatevi un pentolino con un po' di acqua calda dentro, per creare umidità nel forno e permettere al pane di espandersi nella fase iniziale della cottura.
Al raggiungimento della temperatura togliete la teglia rovente dal forno, spolveratela di semola e ribaltatevi sopra l'impasto, rovesciando lo stampo. Cospargetelo di semola, praticate dei tagli sulla superficie con una lametta affilata e infornatelo sul fondo del forno a 250° per 10 minuti.
Abbassate la temperatura a 200°, togliete dal forno il pentolino e continuate la cottura per altri 10 minuti.
Portate la teglia sul ripiano centrale del forno e cuocete il pane a 200° con la ventilazione e tenendo uno spiraglio aperto nello sportello del forno, per 15-20 minuti (calcolate 10 minuti in più se volete la crosta più spessa e croccante).
Estraete il pane dal forno e lasciatelo raffreddare in verticale, appoggiato alla parete: in questo modo il vapore fuoriuscirà soltanto dalla punta del filone, senza ammorbidire la crosta.
Aspettate che sia freddo prima di tagliarlo, altrimenti il vapore contenuto all'interno del pane fuoriuscirà attraverso il taglio bagnando la mollica e rovinandola.
Quando sarà ben freddo affettatelo e cospargetelo di profumatissimo olio novello come se piovesse...


... magari davanti a un panorama come questo:


Questa ricetta partecipa alla raccolta di Dicembre 2015 di Panissimo, raccolta mensile ideata da Sandra e da Barbara e questo mese ospitata da Barbara.


2 commenti:

  1. Ma questo è un documentario vero e proprio, non un semplice post!!!!!! :-))))))
    Che bello questo racconto Franci!
    L'ho letto davvero con molto piacere, dal momento che sono figlia di un "frantoiano" e ho dei bellissimi ricordi di quando papà a volte mi faceva assistere alla molitura e facendomi assaggiare il primo olio della stagione! :-))))))

    Spettacolare questo pane!
    Ha un'alveolatura perfetta proprio per accogliere un bel giro d'olio da assaporare in religioso silenzio, perché diciamocelo... cosa c'è di più buono di un pane fatto in casa con l'olio nuovo??? :-DDDDD

    Fichissimo l'uso del licoli freddo di frigo, preso schiaffato nell'impasto a fare il suo dovere!!! :-DDDD
    Brava sempre di più! :-*

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    Risposte
    1. Non c'è niente di più buono del pane di casa con l'olio novello!
      Sono splendidi i ricordi che hai di tuo padre. Io ricordo l'olio di nonno ma non il frantoio... e quindi mi sto creando un ricordo andando in giro a visitarne altri!
      Il licoli freddo mi sta cambiando la vita: ora posso fare un ottimo pane impegnato/sfaticato, impastando all'ora che mi pare!

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